Oggi è un giorno importante per la redazione perchè S. E. Mons. Kamal Hanna Batish vescovo ausiliare e vicario generale del patriarca latino di Gerusalemme ci è venuto a trovare in redazione.
Pace e Bene eccellenza.
Pace e bene a lei e a tutti di san Giovanni Rotondo e da San Giovanni Rotondo mandiamo un saluto di pace al mondo intero.
Ne approfittiamo per parlare della questione del Medio Oriente: il dopo Arafat. Che possibilità ci sono per poter rilanciare il processo di pace. Arafat era una risorsa o un ostacolo?
Fa bene a chiedere questo riguardo il medio oriente. Bisogna capirlo.. il medio oriente e tutto il suo problema era all’origine di tanti e tanti problemi che hanno seguito particolarmente tra oriente e occidente. La difficoltà del mondo di oggi certamente proviene da quel problema che ormai dura da 100 anni. Cosa dopo Arafat? Non bisogna capirlo come se Arafat fosse l’ostacolo, l’impediente per la pace. Bisogna ricordare la vera storia come l’ha riconosciuto perfino il signor Perez, israeliano, vecchio di politica… lui stesso ha detto che Sharon sta sbagliando nel distruggere Arafat perché bisogna riconoscere che Arafat è stato l’unico palestinese a cominciare a riconoscere ufficialmente a nome di tutto il popolo palestinese lo stato di Israele. Questo vuol dire che non siamo più in guerra ma dobbiamo parlare, dobbiamo dialogare per arrivare ad una soluzione. Orami Arafat ci ha lasciati, certo per il popolo palestinese costituisce disguido perché non si è pensato ancora a come sostituirlo. Il problema adesso è di trovare la persona giusta che lo sostituisca che abbia l’autorità sufficiente in mezzo al popolo palestinese e che abbia anche la capacità di poter dialogare per arrivare ad una soluzione. Le persone ci sono ma date le condizioni di oggi del popolo ciò che sarà difficile è la scelta della persona giusta. tanto più che la pace, il dialogo non è che dipenda solo dai palestinesi. I palestinesi erano sempre pronti al dialogo ma non ne vedevano le circostanze propizie perché si voleva un dialogo nel quale loro non potevano avere una voce.
L’assenza di Arafat può frammentare le fazioni del popolo palestinese?
Normalmente la risposta sarebbe si. Però io ho fiducia nel popolo palestinese che ha dimostrato in vari momenti di esser capace anche di superare momenti simili e difficili. Come sempre in un cambiamento di sistema politico vi potranno essere delle difficoltà ma bisogna dare il tempo e anche aiutare il popolo palestinese a superarlo, aiutarlo particolarmente nel mostrargli la possibilità di incamminarsi verso un vero dialogo della pace. Particolarmente questo aiuto dovrebbe arrivare dall’altra parte interessata: Israele.
Lei ha conosciuto Arafat. Quali erano i rapporti tra Arafat e la comunità religiosa?
Arafat come sempre si diceva da noi, è un mussulmano. Non lo negava e nessuno lo può negare. Era un mussulmano convinto e praticante però non era fanatico anzi riconosceva molto spesso e lo diceva chiaramente il pregio di avere i cristiani in terra Santa e particolarmente a Gerusalemme. Diceva spesso che Gerusalemme senza la comunità cristiana non è Gerusalemme. Parole ripetute anche da altre persone dell’autorità. Per i capi religiosi, lui era vicino a loro e loro erano vicini a lui. Ogni volta che lo si voleva incontrare era sempre molto facile. Avevamo subito l’udienza e l’ascolto di Arafat… Si può dire che praticamente Arafat era anche protettore della comunità cristiana
In questo momento storico chi ha la possibilità di intervenire nel processo di pace e come potrebbe farlo, quali strategie adottare?
Chi può intervenire. Certamente per primo Israele. Poi l’America, patrono di questo processo di Pace che Israele vuole come l’unico patrono della pace. Dovrebbe intervenire come vero mediatore della pace, cioè che si metta in mezzo alle due parti per capire i diritti e le necessita dell’uno e l’altro in modo da trovare una formula che possa dare soddisfazione ad entrambi.
Siamo in Europa e non bisogna dimenticare il ruolo dell’Europa, perché l’Europa ha sempre avuto un ruolo sia come paesi diversi: l’Italia, la Francia, la Spagna, paesi che avevano un ruolo concreto con una visione della situazione sempre più vicina alla realtà adesso come unione europea. Fortificare questa visione per fortificare il processo di pace e non dimenticarla per una questione politica. L’Europa può essere sempre in causa. Pur essendo indipendente imparziale come potevano essere alcuni paesi. L’Europa può intervenire con i mezzi che hanno e purtroppo hanno la sola possibilità di influenzare la politica e la diplomazia americana e israeliana perché purtroppo non si accettano nel processo di pace come mediatore perché è l’america. Gli stati europei dovrebbero lavorare molto assiduamente da questo punto di vista
Ringraziamo S. E. Mons. Kamal Hanna Batish vescovo ausiliare e vicario generale del patrriarca latino grazie per questa visità, per questa intervista. Le auguriamo ogni bene nel suo ritorno in Terra santa.
Ringrazio Tele Radio Padre Pio per questa occasione che mi ha dato, perché non si grida mai abbastanza al mondo: state attenti, state attententi il Medio Oriente, la terra Santa, il problema della terra santa è il problema centrale del mondo di oggi. Questa paure, questo terrore che si sta vivendo si può dire originato da questo problema che dura da tanti decenni e non trova la sua risoluzione per cui pace in terra santa e pace al mondo. Bisogna capirlo perchè La terra Santa oltre ad essere politicamente causa di disturbi come anche della pace nel mondo. La terra santa è una terra importante per il mondo intero, basti pensare ai fedeli delle tre religioni monoteiste: ebrei, cristiani, mussulmani. Tutti hanno un interesse molto forte per la terra Santa. allora, per carità, per amore, per tutti questi fedeli delle tre religioni monoteiste lavorate, lavoriamo tutti quanti per la pace in terra santa e cosi vi possiamo dire come l’ha detto Gesù in terra santa con gli apostoli dopo la resurrezione, anche noi suoi discepoli, suoi messaggeri possiamo un giorno salutare tutti quanti dicendovi: pace a voi, non abbiate paura.