Il Centro Studi Russia Cristiana è un’organizzazione cattolica, fondata a Milano nel 1957 da padre Romano Scalfi con l’intento di far conoscere la tradizione letteraria, artistica e religiosa della Russia e di dar voce al Samizdat (autoeditoria clandestina) facendosi spesso portavoce della difesa dei diritti religiosi ed umani. Il suo scopo è quello di far conoscere in occidente le ricchezze della tradizione spirituale, culturale e liturgica dell’ortodossia russa; di favorire il dialogo ecumenico; di contribuire alla missione cristiana nell’ex URSS.
In questo contesto si situa, inoltre, l’attività delle edizioni “La Casa di Matriona“, fondata dallo stesso padre Scalfi, che annovera oltre 100 titoli fra testi religiosi, artistici e letterari sulla tradizione russa.
Tra questi troviamo “Una Via per incominciare – il dissenso in URSS dal 1917 al 1990” di Marta dell’Asta ricercatrice presso la stessa fondazione.
E proprio con l’autrice del testo abbiamo approfondito, nel programma radiofonico “Di Terra e di Cielo”, le vicende umane di quanti contribuirono alla caduta del “regime” per antonomasia, analizzando il quadro storico, politico e sociale in cui si vennero a svolgere i fatti.
Quali motivazioni l’hanno spinta a scrivere questo libro?
Lavorando alla fondazione Russia Cristiana sono entrata in contatto con il fondatore p. Scalzi, il quale è stato fra i primi a conoscere direttamente il dissenso, a raccogliere gli appelli, i documenti e a pubblicarli in italiano, quindi si è trovato ad avere un archivio di originali cospicuo che era buona cosa mettere in ordine e far conoscere.
Conoscenza che va a colmare una lacuna enorme nella coscienza collettiva degli ultimi anni. A suo avviso da cosa deriva questa scarsa memoria di eventi così importanti?
Per quanto riguarda il dissenso nella coscienza collettiva non solo italiana, ma più in generale occidentale, era abbastanza in auge negli anni ’70 quando ne parlavano i giornali, ma è come se fosse sfuggito completamente ai libri di storia, e quindi finite l’attualità e la cronaca è come se fosse stato un episodio anche colorito, interessante, eroico, ma un episodio che è stato accantonato come mille altri episodi; e proprio prendendo in mano questo archivio, rileggendo i documenti, ci siamo resi conto invece che era qualcosa di fondamentale per la storia del XX secolo, che ha avuto un ruolo veramente unico, e quindi meritava assolutamente di essere messo in ordine cercando anche di tirarne le fila, di capire che punti di attacco e di forza e quali effetti ha avuto.
Ma perché questa cortina di indifferenza?
Penso perché è stato un movimento di carattere fondamentalmente culturale e spirituale, e invece nella nostra mentalità tutto ciò che non è politico o economico, in qualche modo sembra un incidente poco interessante, e quindi non si prende in considerazione.
Come è andato maturando il dissenso, e con quali mezzi è stato in grado di fronteggiare il colosso dell’Unione sovietica?
Beh, è andato maturando molto lentamente fin dai primissimi anni dopo la Rivoluzione (bolscevica – ottobre 1917 – n.d.r.), ed era rappresentato dalla resistenza personale di alcuni singoli in mezzo a questa rivoluzione che aveva distrutto i fondamenti spirituali, religiosi e culturali della nazione russa.
Ma le persecuzioni violente dei primi anni, per non parlare poi di quando è venuto lo stalinismo, avevano letteralmente impedito che i singoli individui si mettessero insieme, si parlassero, si riconoscessero come una entità spirituale autonoma dal regime.
Dopo le difficoltà incontrate da queste isole separate, tutto è incominciato a crescere in maniera sempre più vorticosa dopo la morte di Stalin, quando, con la fine del terrore, qualche spazio ulteriore si è creato; però è un errore credere che sia stata la destalinizzazione, cioè la condanna ufficiale di Stalin, a far nascere il dissenso. Quest’ultimo è una realtà autonoma che stava crescendo negli animi e che ha usato questi spazi piccolissimi di libertà per venire allo scoperto. Le prime manifestazioni collettive visibili le abbiamo a partire dal 1957/58, e poi via via è cresciuto in un movimento d’opinione sempre più forte con un meccanismo impressionante fondato sull’esempio: alcuni si sono fatti avanti per primi, hanno rischiato e hanno pagato, e poi altri, vedendo loro, hanno deciso di fare altrettanto, in questo modo si è creato un movimento che non è mai stato politico non avendo mai avuto lo scopo primario di un cambiamento di regime, ma era invece l’affermazione di una libertà della coscienza, del valore della persona umana sopra l’ideologia, sopra il potere economico, la classe ecc.
Fondamentalmente si trattò di una vera e propria rivoluzione delle coscienze?
Per alcuni è stato un recupero delle tradizioni culturali precedenti, per altri è stato un cammino personale, un confronto con la realtà che negava i postulati dell’ideologia e, quindi, un riscoprire praticamente ex novo, da soli, che esisteva la verità e che non coincideva con quello che affermava il regime.
Quali sono state le figure carismatiche del dissenso?
Sono tantissime, grandi e piccole, alcune famose possono essere ricordate anche in occidente come Andrei Sacharov, il fisico padre della Bomba “H” sovietica, che ha rinunciato alla propria posizione e alle ricerche segrete per difendere invece la libertà di coscienza; oppure il grande scrittore Solgenitzin che è uno dei pochi sopravvissuti e che ha avuto il merito di far conoscere al mondo la realtà del Gulag, mai stata nominata prima né a voce né per iscritto. Solo attraverso questi due esempi ci rendiamo conto come questa cultura indipendente abbia avuto una forza enorme perché ha cambiato proprio l’orizzonte, i criteri di giudizio di un’intera società, enorme come quella sovietica dove chi era contro il regime era un nemico del popolo, ed in seguito al dissenso era diventato un eroe, un personaggio degno di ogni rispetto perché un vero idealista. Il dissenso ha provocato così un rovesciamento radicale della mentalità comune che è stata la sua vittoria.
Cominciando dal nulla, attraverso un risveglio delle coscienze, il dissenso ha minato le fondamenta sulle quali si reggeva il colosso sovietico. Ma come si è potuti arrivare a tanto?
La battaglia è stata assolutamente impari perché i dissidenti non avevano nessun appoggio, nessun potere, nessuno strumento tranne quello di una circolazione clandestina di informazioni che si chiamava Samizdat; contro avevano, invece, un intero apparato e all’inizio anche la mentalità comune. Eppure la loro vittoria è stata radicale; interessante perché non è stata una vittoria giuridica o politica dato che i risultati delle loro proteste sono stati scarsi sul piano pratico, ma è stata una vittoria morale e culturale indubitabile.
Quale considerazione fu riconosciuta ai dissidenti a vittoria ottenuta?
Un esempio su tutti: quando Andrei Sacharov è morto nel 1989, il segretario del partito, che allora era Gorbaciov, si è ritenuto in dovere di partecipare ai funerali; il fatto che il primo rappresentante del partito dovesse riconoscere la grandezza morale di un nemico del partito stesso, com’era Sacharov, era una cosa assolutamente inconcepibile in un paese comunista. E questa è già un’indicazione molto chiara della sconfitta culturale e ideologica che il regime aveva subito di fronte al dissenso.
Da quanto descritto emerge un dato saliente: il dissenso si è fatto largo come movimento di idee senza il ricorso alla violenza, e questo in uno stato potentissimo che aveva la macchina repressiva più mostruosa del mondo
Sicuramente l’idea più immediata, cioè quella di fare una resistenza armata rispondendo colpo su colpo, è stata presa in considerazione.
All’inizio, Bukovskij, altra grande figura, racconta che questi primi dissidenti si erano guardati in faccia chiedendosi se era il caso di fare un attentato, imboccando questa via, e vorrei far notare fra parentesi che questa, per così dire, tradizione del terrorismo in Russia, era quanto mai presente, perché il terrorismo moderno era nato proprio qui alla fine dell’800. Quindi c’era questa possibilità di ricorrervi, ma è stato deciso di non farlo non perché fosse difficile o impossibile, ma proprio perché era una scelta di principio: i dissidenti ritenevano che se avessero usato i metodi del regime sarebbero finiti per diventare come coloro ai quali si opponevano.
Scelta che differenzia il dissenso rispetto anche ad altri movimenti di protesta o di liberazione del XX secolo.
Proprio così. Se per certi versi i primi movimenti di dissenso, appunto nel ‘57/58, ricordano un po’ le richieste e le esigenze dei primi moti studenteschi nel ‘68 in occidente, proprio questa scelta sulle armi e sull’affidarsi totalmente alla politica o meno, ha fatto la differenza fra i due movimenti: il ‘68 che si è radicalizzato, politicizzato e ha portato alla fine anche al terrorismo, e poi invece questi dissidenti che scegliendo una via di cambiamento personale, di assunzione di responsabilità, ha percorso una via completamente diversa, ma che ha avuto un peso sulla cultura del paese molto maggiore.
Arrivando perfino a scalzare una superpotenza, come affermò Vladimir Bukovskij, “con le nude mani”. Allora come portare maggiormente all’attenzione di tutti il patrimonio ideale del dissenso e quale lezione possiamo trarre oggi da queste vicende?
Io direi ricordando la modernità, l’attualità di questa scelta perché oggi come allora il pericolo è quello di affidarsi a una qualsivoglia ideologia come quella tramontata marxista che era allora potente, oggi ce ne sono altre; voglio dire non cedere all’idea che il pensiero umano, il progetto umano, possa essere ciò che esaurisce tutto il desiderio di bene e di giustizia dell’umanità. I dissidenti hanno negato tutto ciò non contrapponendo al marxismo un’altra ideologia più giusta, ma si sono imposti di stare fuori e lontani dall’ideologia: è l’uomo che deve agire nella storia, è la sua responsabilità, è il valore della persona umana il protagonista della storia e della politica. La politica è giustificata soltanto se dà voce alla persona, all’uomo, non alle classi o alle etnie.
Ecco, io direi che questa è una posizione quanto mai attuale e che interroga l’uomo di oggi. Questa è la lezione più interessante che possiamo trarre dall’esperienza del dissenso in Unione sovietica.
Una via per incominciare – il dissenso in URSS dal 1917 al 1990
Marta Dell’Asta
La Casa di Matriona – R.C. Edizioni tel. 035/294021