Nel Maggio 1983, il Vaticano, cedendo alle pressioni indonesiane, decise di sostituire il vescovo di Dili, la capitale di Timor Est con un vescovo in apparenza “tranquillo”: mons. Carlos Felipe Ximenes Belo, salesiano e attualmente missionario nel Mozambico. Le autorità politiche e militari non immaginavano, però, che mons. Belo avrebbe dimostrato una tale fermezza nel difendere i diritti umani del suo popolo da meritare 13 anni dopo, nel 1996, il Premio Nobel per la Pace. Vi proponiamo uno stralcio della sua testimonianza rilasciata ai microfoni di Radio Padre Pio.
Mons. Belo, lei è stato uno dei protagonisti della crisi a Timor Est, riuscendo a far prevalere la pace sulla violenza. Può raccontarci brevemente questa sua esperienza? Credo che il principale protagonista sia stato il popolo. Come Pastore della Chiesa ho contribuito a difendere i diritti umani, la libertà, la pace, la giustizia.. Il compito della Chiesa è quello di servire la gente e ho ritenuto giusto fare da ponte tra il popolo e le autorità locali affinché si realizzasse il dialogo per costruire la pace. Nel mio ruolo da vescovo, sono andato a visitare la gente nelle loro località, nei diversi paesi… sono stato con loro e ho ascoltato necessità e richieste. Ho incontrato in diverse occasioni, con dei convegni, i giovani e ad essi ho parlato dell’impegno per un mondo di pace. Ho incontrato la gente comune per poi comunicare alle autorità indonesiane che il popolo di Timor, anche se è piccolo e povero, merita il rispetto della propria dignità.
Durante la crisi di Timor Est è stato necessario l’intervento delle Nazioni Unite per ristabilire e mantenere la pace. Quali sono stati i risultati raggiunti grazie a questo intervento? L’intervento della Comunità Internazionale,ha costretto le autorità locali e l’esercito indonesiano a rispettare le decisioni stabilite dal comitato di sicurezza. Così, nel 1989, con una lettera inviata al Segretario Generale dell’ONU, abbiamo chiesto ed ottenuto un referendum sotto il controllo internazionale, per consentire al popolo di Timor Est di esprimere la sua volontà in tema di autodeterminazione.
Timor Est, oggi, è uno Stato indipendente. Quanta importanza ha avuto l’intervento delle Nazioni Unite per il raggiungimento di questo importante traguardo? Soprattutto a livello militare e diplomatico… Inoltre abbiamo potuto gridare che i popoli del mondo non hanno gli stessi diritti delle nazioni più grandi per quanto riguarda la libertà e l’indipendenza. Essere uno Stato indipendente è stata una conquista importante per il popolo di Timor che per 450 anni ha vissuto sotto la colonizzazione dei portoghesi… fino al 1975. Dal 1975 fino al 1999, il popolo di Timor ha vissuto sotto gli indonesiani… Abbiamo visto i nostri compatrioti uccisi, violati, torturati… abbiamo sofferto malattie e lottato …. Ora, finalmente, abbiamo ottenuto ciò che era un nostro diritto: la libertà.
Per il suo impegno per la pace, nel 1996 le è stato conferito il Premio Nobel. Secondo lei quali sono le prospettive entro le quali si può sviluppare il futuro di Timor Est? Sicuramente il dialogo. Dialogo con l’Indonesia e l’Australia. La presenza nel Mar di Timor di una delle più ricche riserve del mondo di petrolio e gas naturale ha attirato l’attenzione di molte multinazionali del settore e soprattutto del governo australiano che, dopo essersi spartito la zona con quello indonesiano, è divenuto più cauto dopo la sentenza della Corte Internazionale di giustizia dell’Aja. E’ fondamentale ricordarci dell’importanza della convivenza pacifica e del rispetto dei valori. E’ fondamentale ricordarci quanto sia importante la collaborazione e la cooperazione con i nostri vicini.
La Chiesa Cattolica ha avuto un ruolo fondamentale per la pace a Timor Est. Secondo lei quale è stato l’aiuto che Giovanni Paolo II ha dato per l’affermazione della coscienza dei diritti dell’uomo e della democrazia? Giovanni Paolo II ci ha dato soprattutto un appoggio morale e attraverso le sue parole ha più volte sottolineato la responsabilità politica. In diverse udienze, e anche durante gli incontri con gli Ambasciatori del Portogallo e dell’Indonesia, ha sempre ripetuto che bisogna rispettare la dignità, l’identità culturale, storica e etnica del popolo di Timor Est.
Eccellenza, un saluto ai nostri radioascoltatori! A tutti i radioascoltatori, da Lisbona in cui mi trovo in questo momento, vi giunga un paterno e affettuoso abbraccio per ricordare quanto, oggi più che mai, sia urgente unire le forze per lavorare al servizio della pace e dei diritti umani. Il compito di ogni cristiano è quello di seminare perché, soprattutto tra i giovani, cresca sempre più la cultura della pace e della riconciliazione.