Dalla democrazia al creato

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Democrazia, stato della politica e rispetto per il creato e l’ambiente. Con questi temi si completa la conversazione con mons. Mario Toso, segretario emerito del Pontificio Consiglio "Giustizia e Pace" e vescovo di Faenza – Modigliana. La prima parte della conversazione, andata in onda settimana scorsa, ha riguardato la celebrazione del bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco e  la sua spiritualità incarnata nell’oratorio, a favore dei giovani.

 

 

Quest’oggi, mons. Toso ci offrirà una riflessione approfondita su quella che è "un’urgenza storica ineludibile", la riscoperta della democrazia e dei suoi valori fondanti, in ottemperanza di quanto ha detto papa Francesco al Parlamento Europeo il 25 novembre scorso, oltre che il rispetto del creato, in attesa della prossima Enciclica del Papa sull’argomento.

 

 

 

Per il vescovo di Faenza «riappropriarsi» della democrazia, significa "recuperarne il progetto originario, maturato nel tempo, attraverso riforme profonde dello Stato assoluto e liberal-borghese, per approdare allo Stato di diritto, sociale e democratico, di comunione e di partecipazione. Al centro dei processi politici deve stare il popolo, considerato soprattutto come un «noi-unione morale» di cittadini liberi, responsabili della gestione della res pubblica, attraverso rappresentanti e protagonismo civile. Occorre, dunque, vivere la dimensione antropologica, relazionale ed etica della democrazia: quell’ideale storico concreto che la concepisce in senso personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, e che implica l’inclusione dei nuovi poveri, dei lavoratori invisibili, paradossalmente senza diritti, nonché dei nuovi movimenti che riuniscono gli emigrati, i senza casa, lavoro e terra. Le vie di realizzazione di una «democrazia ad alta intensità», imperniata sulla dignità e sulla trascendenza della persona, sono molteplici: l’abbattimento delle cause strutturali della povertà, l’offerta a tutti dell’istruzione, del lavoro, della sicurezza sanitaria, della casa, un’economia e mercati inclusivi, la cura dei beni collettivi, la riforma dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni pubbliche, che alcuni studiosi, tra cui Colin Crouch e Ralf Dahrendorf,  non hanno esitato a definire post-democratiche. Solo così si possono abbattere quel neoindividualismo libertario e quella cultura dell’indifferenza e dello scarto che come tarli voraci svuotano il grande albero della democrazia sociale, partecipativa ed inclusiva". 

 

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