L’atteggiamento di Gesù nei confronti del lebbroso e il nostro comportamento di fronte al dolore. Gioca su questa apparente contrapposizione papa Francesco commentando, nel corso dell’Angelus di oggi, il brano evangelico tratto dal passo del vangelo di Marco proclamato nella domenica odierna.
"Cristo non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega”, piuttosto ha detto il Papa, "viene a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo. Così Cristo combatte i mali e le sofferenze del mondo: facendosene carico e vincendoli con la forza della misericordia di Dio”. Dalla radicalità dell’esempio di Gesù si passa alla tiepidezza dell’uomo: “…di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione, e di toccarlo e di abbracciarlo. Ho spesso chiesto alle persone che aiutano gli altri, di farlo guardandoli negli occhi, di non avere paura di toccarli; che il gesto di aiuto sia anche un gesto di comunicazione: anche noi abbiamo bisogno di essere da loro accolti. Un gesto di tenerezza, un gesto di compassione … Ma, io vi domando: voi, quando aiutate gli altri, li guardate negli occhi? Li accogliete senza paura di toccarli? Li accogliete con tenerezza? Pensate a questo: come aiutate, a distanza o con tenerezza, con vicinanza?”.
Per essere risanati dalla "lebbra del peccato" papa Francesco propone di vivere in maniera profonda il sacramento della Riconciliazione perché, attraverso di esso, Cristo "prende da noi la nostra umanità malata e noi prendiamo da Lui la sua umanità sana e risanante".