A colloquio con Giovanni Cappello, psicologo, psicoterapeuta e autore del libro “Adolescenze in viaggio” (Ed. Effatà).
Un libro nato nei luoghi in cui ha incontrato gli adolescenti e germogliato dalle loro esperienze. È cosi? Il laboratorio in cui sono stati distillati i pensieri affidati al libro è stato il gruppo di supervisione settimanale costituito da colleghi che lavorano con adolescenti. In quello spazio mentale di elaborazione del nostro lavoro si portano le esperienze che gli adolescenti ci consegnano con fiducia. Compito del lavoro di supervisione è quello di aiutare ciascun collega a trovare, insieme all’adolescente di cui si prende cura, la personale teoria sul funzionamento di quell’adolescente specifico. Bisogna evitare di appiattire l’adolescente sulle generalizzazioni che è sin troppo facile creare artificialmente: ogni adolescente ha bisogno di trovarsi nelle cose che fa, che sente, che pensa. Questo è il processo da cui sono nate le nostre riflessioni, un contesto di esperienze, di pensieri, di affetti e di vissuti.
Ha cercato di cogliere il punto di vista degli adolescenti e dei loro genitori per comprenderne a fondo il loro mondo? L’approccio adleriano che ci distingue è proprio quello che ci aiuta a cercare di comprendere le persone guardando attraverso il loro sguardo, attraverso il modo con cui la persona percepisce il mondo e se stesso. È la rappresentazione che l’adolescente fa di se stesso e del mondo in cui vive che può essere di aiuto al nostro lavoro. Così come la rappresentazione che i genitori si costruiscono del figlio è utile al figlio, purché li aiutiamo a far sì che non diventi di ostacolo all’individuazione che l’adolescente cerca faticosamente di portare avanti per diventare finalmente un adulto. Alle radici del nostro modello di pensiero c’è appunto una ricerca condotta nel 2000 con oltre 2.000 adolescenti, che abbiamo pubblicato con Franco Angeli sotto il titolo L’adulto svelato, e che ha cercato proprio di rintracciare la rappresentazione di adulto presente nelle menti degli adolescenti. Cogliendo così anche il modo con cui l’adolescente guarda a se stesso quando si immagina adulto.
Il primo capitolo del libro è intitolato il funzionamento dell’adolescente. Mi incuriosisce questo titolo, perché come funziona un adolescente? Rispondere a questa domanda con qualche breve considerazione è impossibile. Vale la pena di sottolineare che l’adolescente per funzionare, per sentirsi funzionante e sentirsi piacevolmente funzionante, ha bisogno di sentire di essere padrone di quello che gli accade. Ha bisogno di poter sentire una distanza partecipe da parte degli adulti significativi per lui. Ha bisogno di potersi sentire preso sul serio.
Per quali problematiche i genitori decidono di affidare allo psicoterapeuta i loro figli? Le problematiche che più facilmente muovono le famiglie e le spingono a ricorrere ad una consultazione sono quelle che riguardano la sfera del rendimento scolastico. L’andamento a scuola è uno dei maggiori bersagli dei disagi che colpiscono l’adolescente; non a caso infatti è anche uno dei più grandi interessi dei genitori. Oppure si tratta di comportamenti aggressivi che l’adolescente incomincia a manifestare verso i genitori, verso la madre soprattutto. Infine possono essere preoccupazioni legate all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Tutti e tre i quadri sintomatologici sono fra i modi più efficaci che l’adolescente ha a disposizione per rendere evidente il proprio malessere e per costringere qualcuno a farsene carico.
Quanto importante è l’alleanza tra voi e la famiglia? Un intero capitolo del libro viene dedicato al lavoro con i genitori. Gran parte di una lavoro psicoterapeutico con l’adolescente viene svolto, da uno psicoterapeuta diverso da quello che si impegna a fianco dell’adolescente, insieme ai genitori. Un adolescente ha bisogno dei suoi genitori e si tratta di aiutare i genitori a raccogliere questa richiesta e a tentare di rispondervi nel modo più adeguato. Riuscire a portare i genitori al nostro fianco nel lavorare intorno al figlio è uno degli obiettivi più importanti, da cui dipende la buona riuscita di un trattamento. Non si tratta solo di averli alleati, si tratta proprio di aiutarli a diventare co-terapeuti, a sentirsi risorsa e non solo fonte di problemi.
Come è cambiato l’adolescente rispetto a 20 anni fa? Il cambiamento più importante è stato segnalato da G. P. Charmet, attraverso la segnalazione del passaggio da Edipo e Narciso. Gli adolescenti di oggi non sono più tanto alle prese con il Super-Io e con la questione delle regole e della necessità di trasgredire. Oggi possono vivere benissimo in pace con il mondo, anche perché non sono rimaste molte regole da infrangere. I genitori (gli adulti in genere) di oggi non si muovono più sulla dimensione normativa, ma su quella affettiva. Sono più che altro amici e chiedono qualcosa ai figli, o fanno qualcosa per i figli, sulla base dell’affetto e del voler bene. Questo rende gli adolescenti molto più sensibili alle esigenze dell’Ideale dell’Io che può, in alcuni casi, diventare più tirannico del Super-Io. La paura di deludere i genitori è la paura più grande e più difficile da affrontare. È questo a renderli fragili e a metterli in difficoltà ad affrontare i compiti di sviluppo che il diventare adulti presenta loro quotidianamente.