Introduzione a) Il venerdí santo è il giorno della crocifissione e della morte di Gesú, perciò c’è il precetto del digiuno e dell’astinenza, come segno esteriore della nostra partecipazione al sacrificio del Redentore. b) Tutto questo dev’esser fatto, però, con amore, volentieri e con gioia! Sí, con gioia, perché il venerdí santo non è un giorno di pianto, di amarezza, né propriamente di lutto, ma un giorno di amorosa e gioiosa, anche se contenuta, contemplazione del sacrificio cruento, da cui è scaturita la salvezza. c) Sulla croce, infatti, Cristo non è un vinto, ma un vincitore, un sacerdote che consuma l’offerta del sacrificio, che libera e riconcilia. d) Di qui, la gioia e il tripudio! e) Il Cristo della croce è inseparabile dal Cristo della risurrezione: “Adoriamo la tua croce, Signore, e lodiamo la tua santa risurrezione, poiché solo dalla croce è entrata la gioia in tutto il mondo!”.
In questo giorno, con voi, vorrei meditare brevemente le sette parole, pronunciate da Gesú, nelle tre ore dell’agonia, da mezzo giorno alle tre del pomeriggio
I) Prima parola: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34)
Il mondo è pieno di odio, come ci ricordano le pagine di storia. Gesú, invece, viene a portarci il perdono: perdono donato a iosa, nel corso della sua vita terrena. I) Basta pensare alla samaritana, alla Maddalena, a Zaccheo, per ricordare solo i casi piú eclatanti. II) Sulla croce non pensa a se stesso, ma a donare il perdono. IV) Non era, forse, venuto per questa finalità? Egli stesso ha detto: “Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori” (Mc 2, 17). Ora, sulla croce per chi implora il perdono? Per tutti gli uomini, di ieri, oggi e sempre! A condizione, però, che ci sia il pentimento e il proponimento. Se non esistessero queste due condizioni, non esisterebbe l’inferno.
II) Seconda parola: “Oggi, sarai con me in paradiso” (Lc 23, 43). a) La conseguenza del perdono, frutto del pentimento-proponimento, è il paradiso: “Oggi, sarai con me in paradiso”, come dice Gesú al buon ladrone, cui la tradizione dà il nome di Disma, mentre il cattivo, Gesta. b) Gesú, durante la sua vita, ha compiuto tantissimi miracoli, per rafforzare la fede traballante degli apostoli e per la conversione delle folle. c) Ma il miracolo, piú importante, lo compie sulla croce: la salvezza di un’anima: “Che vantaggio può avere un uomo a guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9, 25). d) Salvezza, come effetto dell’invocazione di quel ladrone, che, dopo averlo riconosciuto come giusto, gli dice: “Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”. Questa invocazione col nome di Signore, è segno di fede o un solo semplice modo di esprimersi? a) Ognuno giudichi come vuole. b) Quello che interessa a noi è che le braccia del Padre sono sempre spalancate, basta che diciamo, con pentimento e sincerità: “Padre, perdona!”.
III) Terza parola: “Donna, ecco tuo figlio- Ecco, tua madre” (Gv 19, 26-27). a) Nulla di piú caro è stato al cuore di Gesú, in tutta la sua vita terrena, che compiere la volontà del Padre, per la salvezza degli uomini: “Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6, 40). b) In questa missione salvifica, ora che sta per salire al cielo, egli chiede una mano alla sua adorata madre, la vergine Maria, chiedendole di diventare madre dell’intera umanità, rappresentata da Giovanni, apostolo ed evangelista: “Donna, ecco tuo figlio”. E riferendosi a Giovanni: “Ecco tua madre”. c) Che scambio! d) È questa l’assurdità dell’amore! e) Ora, anche per Maria, si realizza la profezia del santo vecchio Simeone: “E a te una spada trafiggerà l’anima!” (Lc 2, 35).
IV) Quarta parola: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27, 46; Mc 15, 34).
a) Vi è, forse, un dolore maggiore di quello di sentirsi abbandonati da coloro che si è beneficati?
b) Anche questo ha dovuto soffrire Gesú, perciò, a nome dell’umanità, ha esclamato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Da chi abbandonato? a) Abbandonato dagli apostoli, dall’ingratitudine di tanti beneficati, dall’angelo confortatore del Getsemani. b) Abbandonato anche dalla voce del Padre, che lo aveva glorificato come suo figlio prediletto, sia sulle sponde del Giordano che sulle vette del Tabor. c) Abbandonato, perché maledetto, come dice s. Paolo, in quanto si era caricato dei peccati degli uomini, causa della violenta separazione dell’anima dal suo Creatore e il naturale abbandono da parte di Dio. d) Abbandonato anche dal Padre, perciò non lo invoca piú come suo genitore, cioè come Padre, ma come Dio, in qualità di vittima espiatrice e non come consustanziale con il Padre e lo Spirito santo. La natura: Solo la natura, in questa situazione di indifferenza alla sofferenza di un uomo-Dio, ne è partecipe, perciò: “Dall’ora sesta all’ora nona (da mezzogiorno alla tre) si fece buio su tutta la terra” (Mc 15, 33).
V) Quinta parola: “Ho sete” (Gv 19, 28). a) Forse, non vi è punizione piú atroce di quella di condannare una persona alla sofferenza della sete! b) Gesú, dopo esser stato flagellato, crocifisso e abbandonato da tutti, sente la gola arsa, perciò esclama: “Ho sete”. c) Egli, che era la fonte di acqua zampillante di vita eterna, necessita di un po’ di acqua e, invece: “Gli diedero aceto misto a fiele” (Gv 19, 29). d) Gesú soffre e accetta questa sete, per insegnarci che l’unica vera sete, che deve assillarci è quella di conoscere, amare e servire Dio. e) Questo grido di “ho sete” è un’invocazione di necessità umano-divina. I) Invocazione di necessità umana, come conseguenza naturale di tanti strapazzi, di tante pene e di tanto sangue versato. II) Invocazione di necessità di ordine divino, in quanto Gesú ha sete, soprattutto, di anime, che lo aiutino nel ministero di salvare il mondo intero.
f) O divin Maestro, abbiamo udito il tuo grido dalla croce “ho sete”, dacci la forza di diventare acqua limpida, per dissetare coloro che hanno la gola arsa dal peccato!
VI) Sesta parola: “Tutto è compiuto” (Gv 19, 30). a) La sesta parola, pronunciata da Gesú, è come il preludio alla fine e, nello stesso tempo, è anche la parola di tutta l’umanità. b) Quando siamo agli sgoccioli, nell’esame retrospettivo, nell’esaminare le proprie azioni, si gode se esse sono state buone e ci si rammarica se sono state malvagie. c) Anche Gesú volge uno sguardo alla sua vita terrena, alla missione, che il Padre gli aveva affidato, perciò trova logico soffrire sino alla fine, per avere la gioia della glorificazione, per sostituire la croce con il gaudio! d) In quel “tutto è compiuto”, non vi è solo la sintesi mirabile della sua cieca obbedienza alla volontà del Padre, ma anche quella di tutti i dolori, che egli ha sofferto e offerto al Padre, nel corso della sua vita terrena.
VII) Settima parola: “Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito” (Lc 23, 46).
a) Le ultime parole dei grandi, compendiano i loro supremi ideali. b) Le parole dei grandi, però, si dimenticano. c) Forse, ricordiamo la frase di Goethe, ormai cieco: “Mehr Licht!” o qualche altra.
d) Tutti, però, ricordano la frase di Gesú: “Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito”: parole, che non tramonteranno mai, perché di un uomo-Dio. e) Gesú emette un ultimo grido, che si espande per tutti i secoli e in tutti i continenti! f) Egli non è piú la vittima, ma il vincitore del peccato e della morte, egli, ora si sente di nuovo consustanziale al Padre, perciò non lo invoca piú come Dio, ma come Padre: “Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito!”. h) Un semplice uomo, non può permettersi un’espressione simile: “Padre”. Solo Gesú lo può e in dono l’ha lasciato anche a noi, nel “Pater”. O Gesú, l’ultima tua parola, che è il sigillo della tua vita, sintetizza il tuo insegnamento: amore sempre amore, perciò ci hai donato il tuo come anche nostro Padre, che ha la natura dell’amore. Non spegnere mai nelle nostre anime la fiamma del tuo amore, per poterci trasformare in vittime di espiazione dei nostri e altrui peccati! Sii accanto a noi, affinché anche la nostra vita sia come la tua: un’esistenza donata e perciò guadagnata! Amen.
Padre Pio e sorella morte
Siamo nel mese, che la Chiesa ha dedicato, consacrato ai nostri cari defunti: il mese di novembre. Tutti, chi prima,...