A colloquio con Giorgio Campanini, autore del libro “Stare insieme. Alla ricerca di una famiglia conviviale”. (San Paolo editore)
Come recuperare la dimensione conviviale della famiglia? La via maestra è già stata in precedenza indicata: si tratta di porre al centro della vita familiare la qualità della relazione e di difendere, per così dire con le unghie e coi denti gli spazi di intimità, i momenti dello stare insieme, trovando anche forme di comune condivisione di impegni – in ambito sociale, ecclesiale e così via – che evitino il formarsi nella famiglia di una sorta di vite parallele che raramente riescono a convergere. Occorre dunque realizzare un punto di incontro tra la sfera di azione individuale di ciascuno e alcuni momenti forti in cui la famiglia è riunita e può realizzare momenti di condivisione e di dialogo, appunto di convivialità.
La famiglia ha ancora un futuro? Non mancano coloro che, nella linea indicata già in anni lontani da scrittori come lì Orwell di un suo celebre romanzo, teorizzano una diffusa “procreazione in provetta”, l’educazione collettiva delle nuove generazioni, la riduzione della famiglia a semplice coppia, oltretutto ondivaga e fluttuante. In parte alcune sperimentazioni di “alternativa alla famiglia” sono state avviate, specialmente ad opera di regini dittatoriali (ad essi la famiglia incute sempre paura, perché essa è un arma nella quale anche il più occhiuto dei regimi totalitari difficilmente può entrare; ma i risultati sono stati allucinanti: nessuno, fino ad oggi, è riuscito a trovare un valido sostituto della famiglia, per il semplice fatto che nessuna struttura sociale può essere quel luogo dell’amore qual è strutturalmente la famiglia e del quale almeno un’ombra rimane anche nelle sue espressioni negative e talora aberranti. Che cosa accadrebbe allo “Stato sociale” se un giorno tutte le famiglie decidessero di lasciare nelle cliniche ostetriche i figli partoriti, per essere “più libere”? Sarebbe una catastrofe, non solo sociale ma anche e sopratutto umana. Senza famiglie stabili disposte a procreare e a educare e soprattutto ad amare, la società entrerebbe in una crisi profonda. In questo senso la famiglia ha ancora dalla sua parte il futuro: un futuro, tuttavia, non semplicemente basato sulla ripetizione dei vecchi modelli ma sulla costruzione di nuove e più autenticamente umane forme di rapporto: una diffusione a macchia d’olio di “famiglie conviviali” in vista di una società conviviale, più umana e alla fine più felice.