Vision 2020 è una campagna internazionale che si prefigge, entro il 2020, l’eliminazione delle principali cause di cecità evitabile nel mondo ideata da CBM International e che ha trovato anche un immediato sostegno e collaborazione da parte di altre Organizzazioni Non Governative. Infatti le finalità di CBM Italia Onlus (Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo), è quella di attuare programmi e progetti di prevenzione e cura della cecità e di altre forme di disabilità fisica e mentale nei Paesi in Via di Sviluppo. Ai microfoni di Radio Padre Pio abbiamo ospitato Filippo Pittarello, Responsabile progetti CBM Italia che ci ha presentato gli obiettivi lanciati dalla campagna “Vision 2020”.
CBM è una delle organizzazioni fondatrici di Vision2020, la campagna lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1999, per
l’eliminazione delle patologie che portano a forme di cecità evitabile.
Ci può ricordare quali sono gli obiettivi lanciati da questa iniziativa?
La campagna lanciata su iniziativa di CBM e dall’Organizzazione Mondiale delle Sanità parte da una considerazione molto allarmante. Si è avvertito, dopo gli studi condotti negli anni 90 in modo più serio e programmatico sulla diffusione della cecità nei paesi in via di sviluppo un notevole cambiamento della diffusione di questo tipo di disabilità nel mondo. Nel 2000 si stimava circa 45 milioni di ciechi nel mondo e, visto il tasso di invecchiamento della popolazione e aumento della differenza tra ricchi e poveri, nel 2020 i ciechi sarebbero aumentati fino a 75 milioni. Dal punto di vista della patologia si è osservato che circa l’80% delle patologie che portano alla cecità possono essere evitate perché curate e prevenute. Proprio in questo campo si concentrano le attività che CBM, quotidianamente, realizza nei paesi in via di sviluppo per combattere le patologie che portano alla cecità: la cataratta, il glaucoma, il tracoma, la cecità infantile, l’ipovisione. Vision 2020 raccoglie questa sfida, la formalizza in una serie di strategie e si pone un ambizioso obiettivo: l’eliminazione, entro il 2020, delle principali cause di cecità evitabile nel mondo. Questo avviene attraverso una progettualità molto articolata che in qualche modo ha la pretesa di trattare la cecità un po’ come si è fatto per altre malattie infettive. Si interviene, quindi, a monte sulle origini, sia patologiche che ambientali che causano la cecità cercando di combattere prima che si sviluppi questo tipo di disabilità.
Quali sono le strategie seguite da CBM per raggiungere questi obiettivi?
Gli obbiettivi si articolano a seconda delle cinque patologie principali responsabile della cecità. La cataratta, la prima causa di cecità al mondo, è una patologia degli occhi che provoca una progressiva opacizzazione del cristallino. Chi ne è affetto vede come attraverso un velo che si ispessisce sempre più con il progredire della malattia. La strategia per risolvere questo problema è quello dell’intervento medico che rimuove il cristallino opacizzato e lo rimpiazza con un altro artificiale. Il glaucoma, la seconda causa di cecità al mondo, è una malattia caratterizzata dalla crescente riduzione, prima del campo visivo, e poi della vista per l’aumento della pressione interna dell’occhio che distrugge progressivamente le fibre del nervo ottico. Allo stadio iniziale il paziente non avverte alcun dolore e per tale ragione, spesso, il glaucoma viene diagnosticato solo quando il nervo ottico è già seriamente compromesso. Un semplice test diagnostico può contribuire ad arrestare la malattia in fase iniziale. Ma per farlo, CBM deve raggiungere le comunità più isolate per effettuare delle visite di prevenzione e controllo alla popolazione locale e somministrare in tempo utile un trattamento adeguato. Nei Paesi in Via di Sviluppo molte malattie minacciano la vista dei bambini. La carenza di vitamina A, il tracoma, l’oncocercosi, la l’ipovisione sono solo alcune di queste. Per questi bambini perdere la vista equivale all’impossibilità di andare a scuola, di inserirsi nel tessuto economico sociale della propria comunità, di costruirsi un futuro dignitoso e indipendente. Tuttavia quello che è comune a questo tipo di interventi è l’assoluta coincidenza delle strategie di lotta a queste forme di cecità con le strategie di lotta alla povertà perché si è notato, in maniera assolutamente evidente, un drammatico vincolo di concausabilità tra cecità e povertà, o meglio tra disabilità e povertà. Abbiamo poi considerato la storia degli interventi delle Cooperazioni Internazionali dagli anni 50 ad oggi. Si è visto un grande sforzo ad opera delle organizzazioni umanitarie che hanno portato ad un impiego massiccio di risorse umane e anche di risorse finanziare per combattere la povertà e ogni forma di disabilità. Il problema è che non tutti questi sforzi sono andati a buon fine a causa, probabilmente, di un approccio organizzativo. Facendo tesoro di questa esperienza, Vision 2020, articola una serie di linea guida per la predisposizione di un progetto di lotta alla cecità che possa essere efficace e efficiente dove per efficacia si intende la capacità di un progetto, ossia di un intervento umanitario per ridurre la cecità nel mondo. Naturalmente non basta raggiungere l’obbiettivo, ma bisogna raggiungerlo economicamente sostenibile. Però attenzione! Non è sufficiente fare del bene, ma bisogna fare il meglio per queste popolazioni. Quello che ci ripetiamo sempre, quando pensiamo ad un progetto di CBM è che noi facciamo servizio per i poveri, ma non poveri servizi. E’ necessario conoscere, quindi, in modo molto dettagliato il territorio in cui si opera e misurare il tipo di intervento.
A suo modo di vedere, quali sono le maggiori difficoltà da superare per ridurre il problema della disabilità nei paesi in via di sviluppo?
Porto un esempio molto pratico… Questa estate ho avuto la possibilità di visitare un progetto oculistico nelle Ande peruviane. In particolare ho partecipato ad una spedizione dell’equipe dell’ospedale presso un villaggio rurale. Lo scopo di questa missione era quello di trovare e di cercare pazienti che potessero essere curati presso l’ospedale. Questo può sembrare un po’ isolito …I paesi in cui si opera non è sufficiente costruire un ospedale efficiente, con dello staff preparato… lo sforzo, e spesso si da per scontato, è quello di portare il paziente all’interno dell’ospedale. Ciò significa, in realtà, trovare delle persone che vivono nel territorio in situazioni di disabilità, dare loro conoscenza che esistono cure per migliorare la qualità della vita e portarle fisicamente nelle strutture per risolvere il problema.
Per info: www.cbmit.org