La provincia di Foggia, secondo l’ultimo rapporto sull’immigrazione della Caritas e Migrantes, è la seconda provincia della Puglia che accoglie il maggior numero di stranieri. D’estate aumenta il numero dei migranti che arrivano in questa terra per le campagne di raccolta dei pomodori o altri lavori legati all’agricoltura. Lavoratori stagionali e stanziali spesso costretti a vivere in insediamenti informali, isolati, lontani da tutto e da tutti, che negli anni sono diventati la loro unica casa.
Il progetto "Io ci sto" promosso dai Missionari Scalabriniani e dall’Ufficio Migrantes di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, con il contributo della Fondazione Migrantes, vuole offrire a giovani volontari un’occasione di incontro con i lavoratori migranti stagionali che vivono la difficile condizione di migrante, per far scoprire la bellezza della diversità dei popoli e delle culture, in una società sempre più variegata e favorire una conoscenza positiva e costruttiva. Attraverso varie azioni di volontariato, come l’insegnamento della lingua italiana, la ciclo officina, si cerca di consegnare nelle mani dei migranti la dignità che spesso perde chi si trova in questa condizione, per stimolare relazioni paritarie, educare alla legalità e attivare percorsi positivi come l’emersione dallo sfruttamento lavorativo. Un’esperienza di lavoro, d’incontro, di condivisione con l’altro. Padre Arcangelo Maira, direttore dell’ufficio Migrantes della diocesi di Manfredonia e coordinatore dei campi di lavoro “Io ci sto”, ci ha raccontato che significa essere al fianco degli immigrati oggi e come si combatte il pregiudizio.
«Abbiamo troppi luoghi comuni in testa, Il pregiudizio nasce dall’ignoranza, dall’insicurezza della propria identità, per cui un’identità diversa dalla propria ci mette in discussione», ci dice padre Arcangelo, «il fenomeno dell’immigrazione deve essere visto come una possibilità di crescita per il nostro Paese, non come un pericolo perché i migranti ci stimolano ad una crescita delle nostre idee, della nostra fede, della nostra cultura». È questo che padre Arcangelo cerca di trasferire ai tanti giovani che partecipano ai campi di lavoro “Io ci sto”: superare i luoghi comuni, abbattere i pregiudizi e scoprirsi persone, incontrare l’altro e aprirsi a lui in maniera disinteressata. È questa la ricetta di questa esperienza di volontariato, ci dice padre Arcangelo, ed «è questo che crea una visone positiva del domani, nei giovani e nei migranti stessi».
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