4° incontro: S. Pio, figlio di s. Francesco d’Assisi
Forse non tutti i devoti del santo p. Pio sanno che egli è un frate minore cappuccino, cioè figlio di s. Francesco d’Assisi. L’eventuale colpa non è da ascriversi a loro, perché effettivamente si parla poco di quest’appartenenza. È un frate minore cappuccino della provincia religiosa di “S. Angelo” e dal 14 gennaio 2002 di “S. Angelo e P. Pio”. 2 punti: prima di diventar frate e dopo
Prima di diventar frate: Forse, era nel suo dna farsi frate francescano, come confesserà, in seguito, lui stesso: “Dove meglio potrò servirti, o Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del poverello d’Assisi? (Ep. III, 1007 = nel nov 1922, a Nina Campanile, insegnante di S. G. R.).
A conferma di aver nel suo sangue il dna francescano, ci sono testimonianze da parte della mamma e sua
I) Da parte della madre: a) Al battesimo gli fu posto il nome di Francesco, non solo, perché uno zio paterno, di nome Francesco, aveva lasciato in eredità una casa, ma soprattutto per la devozione che mamma “Peppa” nutriva verso il santo d’Assisi. b) Il 6 gennaio 1903, mentre sta per partire per Morcone BN, mamma Peppa esclama: “S. Francesco ti ha chiamato, va’ con la mia benedizione!”. c) Il 22 gennaio 1904, dopo la professione semplice, mamma Peppa abbraccia suo figlio, dicendogli: “Figlio mio, ora sí che sei tutto di s. Francesco: e che ti possa benedire”.
II) Da parte di p. Pio: a) Lo stesso p. Pio, allora, Francesco Forgione, nei “Componimenti scolastici” al n. 6 dal titolo “Curioso sogno di un pastorello”, dell’anno scolastico 1902, manifesta il desiderio di diventare frate francescano, attraverso la descrizione di un sogno: “Fernando era un povero pastorello, che agitava in mente di farsi frate; ma i genitori erano poveri e non potevano corrispondere alla sua intenzione. Egli, una notte, mentre dormiva saporitamente, sognò di essere in monastero, vestito già da frate…Finalmente era stato esaudito il suo desiderio! Ma era un sogno il suo… Oh la brutta delusione che fu la sua!” (ib 64-65).
Come si preparava il giovane Francesco Forgione?
a) Rinunciando anche a qualche pellegrinaggio, come scrive, il 5 ottobre 1901, al padre, emigrato in America: “L’anno venturo, a Dio piacendo, finiranno tutte le feste e i divertimenti per me, perché abbandonerò questa vita, per abbracciare un’altra migliore” (Ep. IV, 934). b) Finalmente la mattina del 22 gennaio 1903, per questo giovane sognatore, tutto diventa vero e nuovo: nome e vita Da allora, fino al giorno della sua ordinazione sacerdotale, sarà chiamato fra’ Pio da Pietrelcina.
Da frate: problema salute-saio: a) Per una malattia misteriosa, p. Pio è a Pietrelcina, dal maggio 1909 al 17 febbraio 1916, per respirare aria nativa. b) Nasce, in questo periodo, per lui un nuovo problema: il pericolo d’esclaustrazione, cioè il poter continuare a vivere i tre voti religiosi, ma fuori dell’Ordine cappuccino e deponendo il saio francescano. Il problema di vivere fuori convento assillerà non solo lui, ma anche il p. Agostino, la nobildonna Raffaelina Cerase di Foggia e tanti altri suoi confratelli. Costoro volevano che p. Pio, a tutti i costi, ritornasse in convento. Perché? Ce lo spiega p. Agostino: “Credo che Gesú sarà molto glorificato, tu sarai confortato assai e tante anime salvate dalla divina bontà” (Ep. I, 713 = 7 gennaio 1916, S. Marco la Catola).
a) P. Pio il 17 febbraio 1916 fece definitivamente ritorno in convento. b) Egli, nel periodo trascorso a Pietrelcina, a causa di questa misteriosa malattia, molte volte implorò il suo serafico padre s. Francesco, affinché lo aiutasse a risolvere i suoi problemi. c) Il 4 ottobre 1915 da Pietrelcina scrive a p. Agostino: “Il padre s. Francesco, a cui confido il mio cordoglio proveniente dal doppio esilio, mi venga in aiuto e tolga finalmente l’obbrobrio dal suo figlio” (Ep. I, 662). Qual è questo doppio esilio? Quello di vivere fuori convento e il non poter raggiungere la patria dei beati, con la morte. Necessità della sua devozione a s. Francesco: a) P. Pio, ebbe una devozione particolare per s. Francesco d’Assisi, anche per esser aiutato da lui a I) rispondere alla chiamata divina del “santificati e santifica” (Ep. III, 1010). b) E il serafico padre l’ha II) aiutato in questa “grande missione” con diverse visioni celesti. P. Pio stesso affermava che, oltre a Gesú, alla Madonna e a s. Giuseppe, “il padre s. Francesco è quasi sempre con me”. In ringraziamento: In suo onore recitava la sua novena; scriveva sempre la sigla del suo nome nelle sue lettere; ha celebrato per molti anni al suo altare nella chiesetta del convento di S. G. R.; chiedeva preghiere agli altri da rivolgere a s. Francesco, “affinché fosse un suo figlio meno indegno, di esempio ai confratelli e un perfetto cappuccino” (Ep. III, 1010 = nov 1922 a Nina Campanile, insegnante di S. Giovanni Rotondo).
1ª domanda: “Quali caratteristiche ha appreso p. Pio dal suo fondatore?”.
a) Come figlio fedele di s. Francesco fece dell’umiltà, che il “poverello d’Assisi” definiva “la regina delle virtú”, una delle sue virtú piú caratteristiche. La conservò, anche in mezzo b) alla notorietà, un atteggiamento di semplicità, schiettezza e sincerità. c) Non parlava mai di sé e dei suoi misteriosi doni straordinari, anzi provava confusione e umiliazione nel manifestare, anche ai suoi direttori spirituali, la sua stimmatizzazione e gli altri carismi. Assunse modi d) burberi, per deviare le lodi e le ammirazioni degli uomini, a volte, trasformate in fanatismo.
Ai figli spirituali: Insegnava anche ai suoi figli spirituali, consacrati e non, a vivere questa virtú, tanto cara a s. Francesco. Un’espressione, tra tante: “Devi insistere sulla virtú dell’umiltà. Umiltà interna ed esterna, ma piú interna che esterna, piú sentita che mostrata, piú profonda che visibile” (Ep. III, 713 = Questo scrive a Erminia Gargani da S. G. R. il 15 febbraio 1918). Diffuse con entusiasmo il francescanesimo e la sua spiritualità, suscitando numerose vocazioni al 1°, 2° e 3° Ordine francescano. Per esse, cosa ha fatto p. Pio? Soprattutto per il 3° Ordine del suo paese, Pietrelcina, ce lo dice egli stesso: “Ho alzato piú volte in alto la mia mano nel silenzio della notte e nel ritiro della mia celletta, benedicendo” (Ep. III, 1079 = Scrive a Violante Masone di Pietrelcina, il 19 maggio 1921, da S. G. R.). Egli ha fatto tutto questo, perché “penso che il Signore vuol salvare il nostro paese coll’istituzione del Terz’ordine di s. Francesco” (Ep. III, 1078 = idem). Perciò esorta, dicendo: “Fa’ conoscere a tutti s. Francesco e il suo vero spirito” (Ep. III, 1080 = idem). Per il suo amore all’Ofs, il papa Pio XII lo nominò, il 14 aprile 1957, direttore a vita della fraternità del T. O. F. di “S. Maria delle Grazie” di S. G. R..
2ª domanda: “Come mai questi due santi suscitano tanta simpatia e fascino?”.
Perché, prima di parlare, hanno testimoniato con la vita i loro insegnamenti, per strappare anime a satana, con la predicazione e i sacramenti.
Predicazione e i sacramenti: S. Francesco andò predicando per città e paesi, attirando a Cristo tanta gente. P. Pio, invece, non si è mai mosso dal suo convento, ma uguale è stato l’accorrere di folle di fedeli, che portavano al suo cuore di sacerdote l’eterno dramma dell’uomo, del suo peccato, della sua angoscia, ma anche il bisogno di perdono e speranza.
Salvezza delle anime: a) S. Francesco, per la salvezza delle anime, non potendo confessare, ottenne la celebre indulgenza plenaria “Perdono d’Assisi”. b) Lo stesso zelo per le anime induce p. Pio a offrirsi vittima: “Da parecchio tempo sento in me un bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti… L’ho fatta, è vero piú volte questa offerta al Signore, scongiurandolo a voler versare sopra di me i castighi, che sono preparati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, anche centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori e ammetta presto in paradiso le anime del purgatorio… A me pare lo voglia proprio Gesú” (Ep. I, 206 = a p. Benedetto, 29-11-1910).
Gioia: a) Quale figlio di Francesco ne aveva assimilato il vero spirito, nella sofferenza e nella letizia, perché la letizia spirituale è il rimedio piú sicuro contro le mille insidie e astuzie del diavolo, che esulta soprattutto quando può rapire al servo di Dio il gaudio dello spirito: “Ai tuoi peccati riflettici nella tua stanza, e alla presenza di Dio piangi e gemi. Ma quando torni tra i frati lascia la tristezza” (FF 712 = 2 Cel, 128), diceva s. Francesco. Barzelletta: Novizio, che piange: “Ho fame!”. P. Pio raccontava che, durante il noviziato a Morcone BN, una volta in coro un novizio, a testa poggiata sul banco, singhiozzava. Il padre maestro, Tommaso da Monte Sant’Angelo FG, credendo che la grazia di Dio stesse sgretolando l’uomo vecchio, per far germogliare l’uomo nuovo, si accostò al novizio, dicendogli: “Coraggio, figliolo, perché la grazia del Signore non si esaurisce, di fronte a nessun peccato. Mettiti in grazia di Dio, con una sincera confessione e tutto torna a posto!”. E il novizio: “Ma, padre, io piango, perché ho fame!”.
In cambio cosa hanno ricevuto da Dio?
Fama: a) Disse frate Masseo a Francesco: “Perché a te, perché a te tutto il mondo viene dietro?”… “Vuoi sapere perché a me tutto il mondo mi venga dietro? Perché il Signore non ha veduto tra i peccatori nessuno piú vile e piú grande peccatore di me” (FF 1838).
b) Questa domanda, ieri come oggi, come per Francesco d’Assisi cosí per p. Pio, ritorna con sorprendente attualità e sprigiona un fascino antico e sempre nuovo. Il papa Paolo VI ebbe a dire su p. Pio: “Guardate che fama ha avuto, che clientela mondiale ha radunato intorno a sé. Ma perché? Forse perché era un filosofo, perché era un sapiente, perché aveva mezzi a disposizione? No, ma perché diceva la messa umilmente, confessava dal mattino alla sera ed era – difficile a dire – rappresentante stampato delle stigmate di nostro Signore. Era un uomo di preghiera e di sofferenza”. (Questa frase, poi, è stata scritta, su una lapide, nella vecchia cripta di p. Pio).
Barzelletta: Un uomo, demoralizzato, va a confessarsi: “Padre, il mio pappagallo è volgare e cattivo. Ogni volta che torno a casa, dopo aver detto tante parolacce, canta contro di me: «Vecchio, devi morire! Vecchio, devi morire!»”. “Figlio mio, non preoccuparti! Ti presto il mio pappagallo, che è santo, e vedrai che anche il tuo si trasformerà! Riportamelo fra una settimana!”. Dopo una settimana, l’uomo ritorna col pappagallo: “Padre, riprenditi il pappagallo! Ora, va ancora peggio!”. “Perché?”. Quando il mio pappagallo canta: «Vecchio devi morire», il tuo risponde: «Ascoltaci, Signore!»”.
Padre Pio e sorella morte
Siamo nel mese, che la Chiesa ha dedicato, consacrato ai nostri cari defunti: il mese di novembre. Tutti, chi prima,...