3° incontro: p. Pio e le anime del purgatorio
Novembre è il mese, dedicato ai defunti. Mese, che richiama ai camposanti, per sostare presso le tombe, per spargere lacrime e offrire fiori. Ma recarsi, per questi motivi, al cimitero, non porta alcun vantaggio ai nostri cari defunti. Dobbiamo, allora, recarci al camposanto, in questo luogo consacrato (lo dice la stessa parola = campo santo), per pregare per i defunti e riflettere su cosa stiamo facendo della nostra vita, che Dio ci ha donato solo per un breve spazio di tempo. Cosa sono 100 anni, in confronto all’eternità? Ma da questo breve lasso di tempo, tuttavia, dipende l’eterna beatitudine o la dannazione. Ricordiamoci sempre: La futura realtà ce la prepariamo con il nostro comportamento, qui in terra!
Devozione verso i morti
La devozione verso i morti ha carattere universale e fin dall’origine del mondo. Gli ebrei offrivano a Dio, preghiere, offerte e sacrifici. I greci e i romani innalzavano monumenti. I primi cristiani, come gli ebrei, offrivano a Dio preci, implorazioni ed espiazioni. Ma fu nel medioevo che la devozione verso i defunti arrivò al suo apice. Vi era, infatti, una congregazione, detta degli “araldi dei morti”, formata da uomini vestiti con una rozza tonaca, cappuccio tirato sugli occhi, con fiaccola accesa nella mano sinistra e un campanello nella mano destra, che, nel silenzio piú profondo della notte, si aggiravano per le vie e, suonando un campanello, gridavano con voce lugubre: “Ricordatevi dei poveri morti!”.
Oggi, per noi credenti
Recandoci, nel cimitero, in questi giorni, potremmo imbatterci in una frase, come questa: “Quello che io ero, tu sei; quello che io sono, tu sarai!”. Una frase, che ci fa riflettere su due verità. La prima: Noi, ora, viviamo nell’ambito della verità e dei problemi, che anche essi hanno vissuto e servito. Siamo, in un certo senso, la loro continuità! La seconda verità: Questa frase, oltre a ricordarci quello che saremo, ci fa riflettere anche sul “grande mistero”, predicato da s. Paolo, cioè che noi formiamo il “corpo mistico”, mediante il quale, tutti gli uomini: passati, presenti e futuri, formano un solo corpo in Cristo. Per questo motivo, nella riforma della liturgia funebre, non ancora in vigore, vi è una bellissima innovazione. Mentre il feretro entra in chiesa, viene eseguito il canto o la lettura della litania dei santi, proprio per indicare che formiamo un solo corpo anche con la Chiesa celeste, oltre che con quella purgante e quella terrestre. Quindi, non devono essere le lacrime, in questo mese a dominare, ma la serenità, anzi la gioia, perché i nostri cari defunti hanno raggiunto o stanno per raggiungere il paradiso, dove ci attendono, pregando e intercedendo per noi, insieme ai santi!
Per questo motivo, la Chiesa, che ha dedicato un intero mese ai nostri cari defunti, quello di novembre, lo fa aprire con la “festa di tutti i santi”, per farci ricordare che lo scopo della nostra esistenza terrena è quello di raggiungere il paradiso. D’altronde, non è forse questa la finalità stessa, che si sono posti il Padre e Gesú Cristo, con l’azione dello Spirito santo? Il vangelo di s. Giovanni ce lo ricorda: “Questa è la volontà del Padre mio, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6, 39).
1ª domanda: “Come affrontare la morte?”.
Concetto della morte nella società
Purtroppo questo concetto non è stato ancora del tutto assorbito da noi credenti, figuriamoci da coloro che vivono come se Dio non esistesse. Allora, come si comporta la società, davanti al problema della morte? Il nostro tempo cerca di allontanare il piú possibile il pensiero della morte, esorcizzandone i riti, perseguendo il mito di una eterna giovinezza, attraverso il culto del corpo e della salute. Infatti, ha instaurato uno stile di vita all’insegna dello svago, del divertimento e del culturismo, nonostante l’attuale recessione. Eppure la realtà della morte, davanti alla quale, come ben dice s. Francesco d’Assisi, “nullo omo vivente po’ scampare”, si affaccia continuamente sullo scenario della nostra vita, a volte, in maniera drammatica, altre, con un senso di sorpresa!
Come affrontare la morte
Allora, come affrontare la morte? C’è un duplice modo, per affrontare la realtà della morte. C’è il modo dell’ateo, per il quale la vita è solo una realtà materiale, che si realizza e si consuma su questa terra, attraverso gioie e piaceri egoistici, perciò con la morte tutto finisce. La morte è la fine!
C’è il modo del credente, per il quale la vita è una realtà meravigliosa, che germina sulla terra ed è proiettata verso gli orizzonti dell’eterno. Morte, quindi, non la fine, ma il fine! Cristo, allora, è l’unica risposta rassicurante e gioiosa, alle attese piú profonde dell’uomo!
La morte è un avvenimento di suprema importanza, per ciascun uomo, credente o non: è il momento dal quale dipende l’eternità, felice o infelice, è il momento della raccolta dei frutti del nostro operare nel bene o nel male!
2ª domanda: “Come p. Pio suffragava le anime del purgatorio?”.
Da piccolo, p. Pio, l’allora Francesco Forgione, suffragava queste anime, con preghiere (messa al mattino, insieme alla nonna materna, Giovanna; funzione vespertina con il rosario; sera, dopo frugale cena, rosario in famiglia e altre diverse devozioni), penitenze (battersi con disciplina, dormire per terra con pietra come cuscino e altro) e diverse opere buone. Con l’entrare dell’Ordine dei frati minori cappuccini, crebbe sempre piú in lui il desiderio di offrirsi vittima per le anime del purgatorio, perciò chiese al Signore di riversare su di lui, anche centuplicati, i giusti castighi, preparati per loro. Subito dopo l’ordinazione sacerdotale, col permesso del suo direttore spirituale e ministro provinciale, p. Benedetto Nardella, rinnovò questa offerta, come si capisce chiaramente dalla lettera del 29 novembre 1910: “Da parecchio tempo, sento in me un bisogno, cioè di offrirmi vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti. Questo desiderio è andato crescendo sempre piú nel mio cuore, tanto che ora è divenuto, sarei per dire, una forte passione. L’ho fatto, è vero, piú volte, questa offerta al Signore, scongiurando a voler versare sopra di me i castighi, che sono preparati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, anche centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori e ammetta presto in paradiso le anime del purgatorio. A me sembra che lo voglia proprio Gesú. Son sicuro che ella non troverà difficoltà alcuna nell’accordarmi questo permesso” (Ep. I, 206).
NB: Da notare, in questa parte di lettera, che il bisogno diventa forte passione!
Volete sapere la risposta? Fu positiva: “Fa’ pure l’offerta di cui mi parli, che sarà accettissima al Signore!” (Ep. I, 207 = 1 dic. 1910).
Il suffragio verso le anime del purgatorio avveniva con modi interni ed esterni. Dei modi interni non ne conosciamo quali, perché p. Pio era restio a confidare la sua spiritualità. Dei modi esterni, soprattutto due.
Il primo modo esterno. Il primo modo esterno si manifestava non solo attraverso la celebrazione eucaristica, ma anche con l’inculcare la devozione verso i cari defunti, ai suoi figli spirituali. Ogni giorno, in uno stato vittimale, sull’altare si fermava a lungo a pregare al “memento” dei morti: realtà, che potevano notare tutti coloro che partecipavano ai divini sacrifici, da lui celebrati.
Il secondo modo esterno. Il secondo modo esterno della sua devozione verso le anime purganti si manifestava, attraverso la cosiddetta “pagella per le anime del purgatorio”. Sul pianerottolo della scalinata interna, che dalla vecchia sacrestia portava al primo piano nel convento di S. G. R., c’era e c’è, tuttora, una “pagella”, intitolata “Modo facile e breve per suffragare le povere anime del purgatorio”, con una “cassetta di legno”, divisa in due scomparti, contenente dischetti numerati fino a 100, simili a quelli, che si usano per giocare a tombola. P. Pio, tutte le volte che saliva o scendeva per la scalinata interna, si fermava davanti a questa “pagella”, prendeva un dischetto dal primo scomparto della cassetta e controllava a quale categoria di anime purganti corrispondeva, esaminandosi, in primo luogo se anche lui avesse sbagliato in quel campo. Poi, deponeva lo stesso dischetto nel secondo scomparto e, proseguendo il cammino, pregava, recitando un “Requiem aeterna”, in italiano “L’eterno riposo”.
Quali erano i frutti? Tantissime anime del purgatorio salivano al cielo.
Una tra le tante testimonianze. Si racconta che una sera, dopo cena, durante la prima guerra mondiale, quando il convento era ben chiuso da tempo, i confratelli di p. Pio sentirono alcune voci, che provenivano dal corridoio d’entrata. Quelle voci gridavano ripetutamente: “Viva p. Pio! Viva p. Pio!”. Il superiore, p. Paolino da Casacalenda CB, mandò il frate portinaio, fra’ Costantino da S. Marco la Catola FG, a vedere chi era, che, a quell’ora, faceva tutto quel chiasso. Il confratello non trovò nessuno, mentre il portone era ben chiuso e sbarrato. Il giorno seguente, il padre superiore chiese a p. Pio una spiegazione sul fatto, che gli sembrava veramentestraordinario. P. Pio, come sempre, con la piú gran semplicità, rispose: “Sono le voci delle anime dei soldati morti, che sono venute a ringraziarmi, per il loro suffragio!”.
Raccomandazioni ai suoi figli spirituali
P. Pio inculcava anche nel cuore dei suoi penitenti e figli spirituali questa devozione: “Pregate per le anime del purgatorio!”. E ci indica anche come si suffragano: “Esse si suffragano con il rosario e con le opere di carità! Ricorriamo alla Madonna, affinché venga in aiuto, refrigerando le loro pene e il fuoco, che le tormenta!”. Giacché p. Pio accenna al fuoco del purgatorio, poniamoci una domanda: “Che differenza passa tra il fuoco del purgatorio e quello dell’inferno?”. Il fuoco del purgatorio è l’amore di Gesú, che toglie le macchie del peccato. Quello dell’inferno, invece, è il simbolo dell’odio!
3ª domanda: “E noi, come abbreviare la pena ai nostri cari defunti?”.
La purificazione dei defunti può esser favorita e abbreviata, oltre che e soprattutto con la celebrazione eucaristica, anche con la preghiera, la sofferenza e l’elemosina-carità operosa.
a) La preghiera: Tutte le tombe chiedono preghiere ai passanti. Questo, perché essa è un mezzo efficace, per soccorrere le anime del purgatorio, come si suggerisce anche il secondo libro dei Maccabei: “È pensiero santo e salutare pregare per i defunti, perché siano sciolti dalle pene” (2 Mac 12, 45). Devozione dei 100 requiem: Tra le tante preghiere, che si possono rivolgere, in suffragio delle anime del purgatorio, c’è anche la devozione dei 100 requiem, lasciataci dalla beata Anna Maria Taigi (Siena 29-5-1769, Roma 9-6-1837), in segno di amore e di riparazione, per i nostri cari defunti. Nella sua pietà amava suffragare le anime sante, con la recita dei 100 requiem. Dietro l’esempio di questa madre di famiglia di sette figli, beatificata, dal papa, Benedetto XV, il 30 maggio 1920, i credenti possono pregare con la sua devozione.
Come si recitano i 100 requiem? Questo pio esercizio consta di 10 Pater e 100 requiem. Ci si può servire di una comune corona di 5 poste e percorrerla tutta, due volte. Si comincia col recitare questa breve giaculatoria: “Anime sante, anime del purgatorio, pregate Iddio per me, ch’io lo pregherò per voi, affinché vi doni presto la gloria del paradiso”. Dopo questa preghiera, si recita, sul grano grosso, un Pater, seguito, da, dieci volte, “L’eterno riposo”, sui dieci grani piccoli. Alla fine d’ogni decina, si prega: “Cuore divino di Gesú, convertite i peccatori, salvate i moribondi, liberate le anime sante del purgatorio”. Alla fine dei 100 requiem, si recita il “De profundis”, in altre parole, il salmo 129.
b) La sofferenza: La dottrina dei padri e dottori della Chiesa assicura che “la sofferenza non ha solo la virtú di farci acquistare meriti per il cielo, ma anche quella di soddisfare per i peccati degli altri. Trasferiamo, in forza della comunione dei santi o del corpo mistico, i meriti per le nostre sofferenze a sollevare le anime del purgatorio!”.
c) L’elemosina-carità operosa: L’elemosina non intesa come filantropia, cioè amicizia per l’uomo, ma elemosina, intesa come carità. Il libro di Tobia dice: “L’elemosina libera da ogni peccato e dalla stessa morte” (Tb 4,11). (NB: Nella Bibbia, morte = peccato mortale). Poi, sono anche i santi a confermare ciò. Un esempio, per tanti. S. Giovanni Crosostomo: “Noi piegheremo la collera di Dio e procureremo sollievo ad amici e parenti defunti, se vogliamo fare per essi e in loro memoria le elemosine, che essi non possono piú fare!”.
Conclusione: Barzelletta
Un’anima si presenta alle porte del paradiso, dove trova s. Pietro, che gli chiede: “Che cosa hai fatto di buono sulla terra?”. Nel vedere in un istante tutta la sua vita, la povera anima scopre tantissimi peccati e solo una buona azione: “Ho dato una volta 5 euro a un povero!”. S. Pietro non sa che responso dare. Mandarlo all’inferno? Ma ha compiuto un’opera di misericordia: niente resterà senza ricompensa, neppure un solo bicchiere di acqua fresca. Mandarlo in paradiso? Ma ha commesso tantissimi peccati. Non sa come fare. Per fortuna, in quell’istante vede passare s. Giovanni evangelista. Lo chiama e gli pone il problema. Anche s. Giovanni si trova in difficoltà! Tuttavia, dopo aver riflettuto un po’, dice a s. Pietro: “Pietro, sai che dobbiamo fare? Diamogli indietro i 5 euro e mandiamolo all’inferno!”.
Preghiera: Permettetemi di concludere con una preghiera-riflessione: O Signore, la nostra vita è come una pagina bianca, dove vengono scritti tutti i pensieri e le azioni della nostra vita. Noi vorremmo riempirla, con una sola parola: amore, ma, purtroppo, anche a causa della fragilità umana, quante volte, troviamo i termini: odio, mormorazione, ribellione alla tua volontà! Il libro della nostra vita è un libro supremo, che non possiamo aprire o chiudere a nostro piacere. È un libro, dove il foglio fatale si gira da solo. Vorremmo ritornare indietro, per cambiare i verbi e scrivervi solo: amare, ma non si può. Allora, fa’, o Signore, che nell’ultima sua pagina, che è già sotto le tue dita, si trovi scritto: “Grazie, Dio: mio amore e mia vita!”.
E tu, o amato p. Pio, aiutaci nei nostri proponimenti di miglioramento, affinché possiamo vivere la nostra esistenza terrena, in sintonia con Dio e i fratelli, in modo che nel giorno della nostra dipartita, ci presentiamo, al Signore, non sconvolti dal timore, ma sereni e fiduciosi, abbandonandoci in lui “come un bambino in braccio a sua madre” (Ep. I, 800). Che il nostro e l’altrui addio da questa terra al paradiso, alle cui porte, tu, o p. Pio “ci attendi”, non ci appaia come uno strappo e sradicamento da questo mondo, ma come un dolce viaggio, per incontrarci nell’abbraccio e nel bacio di Dio! Nel frattempo, o santo del Gargano, insieme alla vergine Maria, intercedi presso il Signore per noi e per tutti i nostri cari vivi e defunti, per la cui salvezza tu hai messo, sulla pagina della tua vita, una firma, vergata con il tuo sangue. Amen!
Auguri di santità!
Padre Pio e sorella morte
Siamo nel mese, che la Chiesa ha dedicato, consacrato ai nostri cari defunti: il mese di novembre. Tutti, chi prima,...