Nella giornata di ieri, la Comunità di Sant’Egidio ha tenuto una conferenza stampa per richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione in Sudan, dove è in corso una crisi umanitaria di proporzioni catastrofiche. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, ha espresso l’urgenza di portare alla luce le sofferenze del popolo sudanese, sottolineando come la gravità degli eventi sia stata in gran parte ignorata dall’opinione pubblica internazionale.
Infatti, mentre l’attenzione globale è concentrata sui conflitti in Ucraina e Palestina, la regione sudanese del Darfur sta scivolando verso un crescente rischio di genocidio. In Sudan, l’esercito nazionale è impegnato da oltre un anno in una brutale guerra civile contro le Forze di Supporto Rapido (RSF), un conflitto che ha già causato la morte di centinaia di migliaia di persone e costretto milioni a fuggire dalle proprie case.
Durante l’incontro, a cui hanno partecipato figure di spicco come Vittorio Oppizzi di Medici Senza Frontiere, Pietro Parrino di Emergency, Suor Ruth del Pilar Mora delle suore salesiane e padre Angelo Giorgetti dei missionari comboniani, è emersa la necessità di una risposta coordinata e decisa. Impagliazzo ha lanciato un appello al governo italiano, invitandolo a sfruttare la sua attuale presidenza del G7 e il Piano Mattei per l’Africa per rilanciare i negoziati di pace nel paese africano.
Il conflitto attuale affonda le sue radici negli eventi del 2019, quando Hemedti e il capo delle forze armate sudanesi, Abdel Fattah al-Burhan, sfruttarono le proteste civili per rovesciare al-Bashir. Dopo un breve periodo di governo di transizione verso la democrazia, i due generali si allearono per orchestrare un colpo di stato nel 2021, rimuovendo il primo ministro.
Tuttavia, l’alleanza tra Hemedti e al-Burhan si è spezzata il 15 aprile dello scorso anno, quando le rispettive forze militari hanno iniziato a combattersi apertamente a Khartoum, contendente il controllo del palazzo presidenziale, dell’aeroporto e dei principali media. Sebbene la scintilla ufficiale del conflitto sia stata un disaccordo sull’integrazione delle RSF nell’esercito regolare, gli interessi dietro questa guerra sono complessi e molteplici.
Il presidente di Sant’Egidio ha insistito sull’urgenza di un cessate il fuoco immediato e sull’apertura di corridoi umanitari senza restrizioni per garantire l’assistenza alle popolazioni colpite. In Sudan, infatti, la situazione è drammatica: il paese è afflitto da una guerra civile, scoppiata dopo due colpi di stato e un periodo di grave instabilità politica. L’uso dell’aviazione e dell’artiglieria pesante, persino nella capitale Khartoum, ha costretto milioni di persone a fuggire dalle loro case.
Mentre il mondo resta in gran parte silente di fronte alla tragedia in corso, la popolazione sudanese continua a pagare un prezzo altissimo. Le violenze nel Darfur rischiano di riproporre lo spettro del genocidio, mentre milioni di persone sono già state travolte da una guerra che sembra non avere fine e costretti a rifugiarsi nei paesi confinanti, abbandonando le loro case. Impagliazzo ha concluso il suo intervento ricordando l’impegno di Sant’Egidio sul campo, con una presenza attiva nella città di El Obeid, e ribadendo l’importanza di un intervento internazionale per riportare la pace e la stabilità in Sudan.