"Il sacramento dimenticato”: il Sacramento della Riconciliazione in un mondo secolarizzato è stato questo il tema della prima relazione della Settimana Internazionale della Riconciliazione affidato a S. Ecc. Mons. Bruno Forte, Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto.
«Come ritornare al “sacramento dimenticato”? Come riscoprire e presentare il sacramento della riconciliazione in un mondo secolarizzato?». È partita da questi interrogativi la riflessione di Mons. Forte. Un intervento suddiviso in tre tappe: gli scenari del tempo, gli scenari del cuore e Dio Padre di misericordia e il ritorno al “sacramento dimenticato”. «Per rispondere a queste domande – ha detto l’arcivescovo – è utile partire da una costatazione: l’emergere progressivo nella parabola della modernità occidentale di una diffusa e profonda nostalgia di un padre-madre nell’amore, che tutto accolga e custodisca. Negli scenari del tempo, come in quelli del cuore, una tale figura si offre come un riferimento decisivo, una pietra di paragone su cui è possibile valutare il senso, la riuscita o il fallimento dell’avventura umana». Quale attualità e importanza possono avere il perdono e la misericordia, offerti nel sacramento della riconciliazione, alla luce degli scenari del tempo e degli scenari del cuore? Fra le vie possibili per rispondere a questa domanda, Mons. Forte ha preso come esempio la parabola evangelica del figliuol prodigo (Luca 15,11 32), «leggendola come metafora tanto del nostro cuore inquieto davanti a Dio Padre, quanto dei processi storici della modernità da cui veniamo e della cosiddetta post-modernità in cui ci troviamo».
Forse, come per il figlio maggiore, così per la cristianità occidentale, «è tempo di una presa di coscienza nuova da vivere davanti al mistero dell’amore del Padre, per avviare un cammino di “ritorno a casa”, che sia conversione alle esigenze di una pace, fondata sulla giustizia per tutti». In questo cammino può acquistare tutto il suo significato una rinnovata proposta della grazia e della bellezza offerte nel “sacramento dimenicato”, la riconciliazione sacramentale. Così, la parabola in realtà non finisce. «Resta per tutti il problema di una scelta, poiché il racconto non dice come vadano a finire le cose: la parte più interessante ‑ quella tutto sommato più difficile ‑ sta nel come continuerà la vita del figlio più giovane, una volta tornato, e nel che cosa accadrà nella vita del figlio maggiore». Qui si può avanzare l’ipotesi che la parabola non termini per continuare nella vita di ognuno di noi. «Dobbiamo essere noi la vivente “sequentia sancti Evangelii”», il seguito del santo Vangelo. Che cosa sarà la vita di un uomo dopo che si è convertito dalle ricchezze alla povertà e ha scelto di dare il primato incondizionato a Dio nella gestione della sua vita? «È quanto ciascuno dovrebbe cercare di comprendere per la propria vita e per la vita di tutti».