Nella Sala Benedetto XVI del Complesso di Via San Gallicano a Roma si è svolta ieri la presentazione del volume “Sant’Egidio. La storia, il culto, le fonti” (Editrice Morcelliana, Brescia). Scritto da Marco Bartoli, Docente di Storia medievale presso la Lumsa e da don Francesco Tedeschi, sacerdote della Basilica di Santa Maria in Trastevere, il libro non è una storia della Comunità di Sant’Egidio, bensì la storia del Santo in persona, l’Abate fondatore della Abbazia di Saint-Gilles-du-Gard in Francia nella regione dell’Occitania. Un santo “minore” di cui, in passato, è stata messa addirittura in discussione l’esistenza per mancanza di fonti storiche attendibili. Tuttavia – come sottolineato da Chiara Mercuri, Professoressa di Esegesi delle Fonti Medievali all’Istituto Teologico di Assisi e da Luigi Frudà, Professore di Metodologia e Tecniche della Ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma – Egidio è realmente esistito tra il VII e l’VIII secolo dopo Cristo (nell’alto Medioevo).
Nato ad Atene da famiglia benestante intorno alla metà del VII secolo, si dedicò da subito alla spiritualità e quindi passò in Francia, dove si stabilì in un deserto vicino alla foce del Rodano e successivamente nel Gard. Ben presto la fama della sua santità si diffuse in tutta la regione attirando ogni sorta di persone povere e bisognose. Questo enorme afflusso di gente lo costrinse a ritirarsi in una fitta foresta vicino a Nîmes dove visse da eremita per molti anni, avendo come unica compagna una cerva dal cui latte traeva sostentamento. Secondo la leggenda, la cerva fu inseguita un giorno dai cacciatori del re dei Visigoti (Flavio?) il quale, scoccando una freccia per ucciderla, inavvertitamente ferì il santo presso il quale l’animale aveva trovato rifugio. Il re, turbato dall’episodio, volle ricompensare Egidio di ogni bene. Il Santo, tuttavia rifiutò ogni dono ma acconsenti a ricevere un terreno per costruirvi un’abbazia. Cominciò quindi ad accogliere nel monastero alcuni discepoli che pose sotto la regola di San Benedetto. Qui nel 720 morì con la più alta fama di santità e di miracoli. Se questo è il “nucleo storico” della vera vita di Sant’Egidio, altri episodi, riportati in alcuni racconti agiografici sono da considerare “inventati”, creati sostanzialmente intorno al IX-X secolo per rivendicare e legittimare l’autonomia dell’Abbazia di Saint-Gilles-du-Gard dal Vescovato di Nîmes.
Utilizzando due manoscritti già noti ed un nuovo Santorale di Sant’Egidio scoperto recentemente nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, Bartoli e Tedeschi descrivono i miracoli attribuiti a Sant’Egidio. André Vauchez, Professore di Storia Medievale dell’Università Paris-Nanterre, ha sottolineato come i miracoli di Sant’Egidio sono tutti riconducibili a una tipologia ben definita: la difesa dei deboli, dei fragili e degli esclusi. Peraltro, molti miracolati invocavano l’aiuto di del santo senza doversi recare materialmente sulla sua tomba (come era di regola secondo la tradizione medievale). Il fatto che si potesse ottenere da Sant’Egidio un miracolo “a distanza” alimentò notevolmente il suo culto in tutta Europa. Sorsero così numerosi luoghi di rito a lui dedicati in Polonia, Ungheria, Germania, Olanda, Inghilterra, ecc. oltre che in Francia ed in Italia. Sotto questo aspetto – incalza il Vauchez – Sant’Egidio è da considerarsi un Santo Europeo della Chiesa Indivisa, prima che il Grande Scisma del 1054 dividesse la Chiesa Ortodossa da quella Cattolica.
La conferenza si è conclusa con Andrea Riccardi, Storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Nel suo intervento Riccardi ha ricordato l’enorme “rete” di chiese europee dedicate a Sant’Egidio sottolineando – con non poco rammarico – come una gran parte di queste siano oggi chiuse o abbandonate, sintomo di quel “Cristianesimo deculturato” che ha perso la sua storia, i suoi santi e la sua memoria e che fa dell’esperienza emotiva del presente il suo momento vitale. Nel “mistero della decadenza” della storia e del culto di Sant’Egidio si nasconde una crisi profonda che attraversa tutto il Cristianesimo. La continua riduzione della pratica religiosa, il calo delle vocazioni, la scarsa incidenza della presenza cattolica nella vita pubblica ha portato Riccardi a chiedersi – con le immagini ancora negli occhi della cattedrale di Notre-Dame de Paris che andava a fuoco nella notte tra il 15 e il 16 aprile 2019 – se “la Chiesa sta bruciando”. La risposta – secondo l’autorevole storico – è che la Chiesa non brucia ma è in una fase di “gelo” e solo lottando contro l’indifferenza ed il discredito potrà ricostruirsi. In questo senso la storia della Comunità di Sant’Egidio è emblematica. Nel settembre del 1973 il nucleo originario della sua comunità, costituita da liceali romani, “prese possesso” della chiesa abbandonata di Sant’Egidio nel rione trasteverino di Roma. Da quel momento iniziò inarrestabile la crescita di un movimento che – ha raccolto uomini e donne laici uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.
L’augurio – conclude Riccardi – è che la riapertura della chiesetta di Sant’Egidio in Trastevere e la creazione di una comunità che ha nelle “3 P” i suoi valori fondanti possano rappresentare una proposta concreta volta a rivitalizzare la Chiesa in un momento di crisi profonda del mondo cristiano.