«La speranza, seconda virtú teologale, fondata sulla Pasqua del Cristo, ci fa tendere a Dio, come nostro bene futuro, dandoci la forza di affrontare il presente e proiettarci nel futuro». Con queste parole fr. Pio Capuano dal convento dei frati cappuccini di San Marco la Catola (FG) ha introdotto la puntata di giovedì scorso "Sotto la Croce di impara ad amare – Litania a Padre Pio"». incentrata sull’invocazione Padre Pio modello di Speranza.
«La speranza ci aiuta a dare il giusto valore ai beni materiali, orientando le scelte della vita ai beni eterni, non fuggendo l’oggi, ma vivendolo in pienezza, per attuare, già su questa terra, le promesse del regno. La fede ci fa vedere, la speranza ci fa quasi pregustare, ci fa tendere con ogni mezzo al suo possesso, ce ne fa godere anticipatamente il raggiungimento, come se già fosse in nostro potere.
Questo è possibile, se ci basiamo su Dio, perché “Dio è fedele” (Sal 146, 6), ma noi dobbiamo mettere a disposizione sua e dei nostri fratelli, tutto il nostro entusiasmo e tutte le nostre energie, poiché la speranza è il dinamismo della fede, sulla quale necessariamente poggia. La virtù della speranza ci invita a evitare lo scoraggiamento, perché esso ci fa mollare tutto, ci fa deporre le armi, non facendoci lottare contro le varie avversità. La speranza per il cristiano "non deve essere un atteggiamento provvisorio, ma permanente. Nell’uomo odierno c’è un assurdo: egli dice di non credere in Dio e poi crede ai chiromanti, ai maghi, ai fattucchieri, ai veggenti, ai ciarlieri, che gli svuotano le tasche e alienano il cervello". L’uomo di oggi dice di non credere in Dio e intanto si crea degli idoli: ricchezza, notorietà, sesso, divertimento, ecc, insufficienti e intaccate dal peccato! Il cristiano non disdegna le speranze umane, ma le arricchisce nella prospettiva dell’unica e decisiva speranza, che è Cristo, “rivestendosi con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza” (1Ts 5, 8). La speranza del cristiano non è rassegnazione, falsa sicurezza, ottimismo ingenuo, ma è certezza della promessa di un mondo migliore, perciò il credente si impegna a vivere l’amore verso Dio e il prossimo, a liberare dai mali fisici e sociali, a guardare al futuro con una speranza operosa, e a non rimanere inerte, tenendo presente l’esempio del servo fedele, che traffica i talenti ricevuti, nell’attesa del ritorno del padrone (cf Mt 25, 21)».
Padre Pio Capuano come Padre Pio ha vissuto questa virtú teologale? «Padre Pio non ha mai disgiunto la virtú della speranza dalle altre due: la fede e la carità, in quanto esse costituiscono un’unica realtà, anche se con aspetti e momenti diversi. Per lui la sintesi tra la fede e la speranza si realizza nella carità. Egli parla di una fede piena di speranza e di una speranza piena di fede, vissuta nella storia di Dio, cioè nella carità! Questa speranza, che è abbandono totale, gioioso e fiducioso in Dio, sia nel campo materiale che spirituale, non è faccenda privata, ma riguarda tutti i fratelli. Nel campo materiale. In piú di un caso della sua vita, Padre Pio si è fidato ciecamente della “divina provvidenza”, credendo pienamente nelle parole di Gesú, che esorta all’abbandono filiale al Padre celeste, che conosce tutti i nostri bisogni: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre… Guardate come crescono i gigli del campo: non lavorano, né filano, eppure…Ora il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutto questo” (Mt 6, 26ss). b) Non si è mai angustiato, neanche per le sue opere sociali, soprattutto per la costruzione di “Casa sollievo della sofferenza”, perciò ripeteva spesso: “Io mi devo occupare e non preoccupare. La mia occupazione è quella di abbandonarmi in Dio, il resto lo farà lui”. Nel campo spirituale. Questa virtú teologale è necessaria, per abbandonarsi in Dio. A Padre Benedetto, il 19 giugno 1918 scrisse: “La speranza è una virtú necessaria per l’abbandono in Dio, specialmente quando il colmo della tempesta imperversa e la riboccante misura della miseria umana mi schiaccia” (Ep. I, 1036). II) A Padre Agostino, il 25 agosto 1915 scrisse: “Avvenga quello che Iddio ha stabilito di me; ma io in ogni modo spererò sempre in lui e la mia voce sempre piú forte a lui si innalzerà: «Etiam si occideris me, in te sperabo (= Anche se tu m’uccidessi, in te spererò = Gb 13, 15)” (Ep. I, 634). Fu la virtú per sopravvivere nella notte oscura: Padre Pio chiamò la speranza “la forza dell’anima” e con essa affrontò e superò tutte le prove, soprattutto quelle spirituali della “notte oscura”. In quel periodo di prova, cioè della notte oscura, ascoltando l’apostolo san Pietro, che ci esorta, con viva speranza, a gettare “in Dio ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (1Pt 5, 7). Pose tutta la sua fiducia in Dio.
Come vivere la speranza, oggi? «Oggi, l’uomo pessimista dice che è difficile vivere la speranza sia nel campo spirituale, a causa dell’ateismo regnante, sia nel campo materiale, a causa della recessione mondiale. Padre Pio ha dato speranza sia nel campo spirituale che materiale. Nel campo spirituale, per quello che concerne me e altri cordigeri-araldini ci ha educati a ricevere i sacramenti, a nutrirci della preghiera, cibo dell’anima, a ricordarci dei defunti e a “fare dei fioretti”, soprattutto nel mese di maggio. Egli come figlio di contadini, ci diceva che “non sono i temporali, che rendono fertile il terreno, ma le piccole gocce, che, una dopo l’altra, penetrano nella terra”, perciò ci insegnava a compiere piccoli gesti verso il prossimo, con la certezza di guadagnare grandi meriti, davanti a Dio. Ci inculcava, soprattutto, queste tre cose: a non perdere mai di vista il valore della vita, che va oltre la morte, a misurare i limiti e la provvisorietà delle nostre piccole conquiste, ad apprezzare anche il dolore, attraverso il quale la persona può crescere nel dono di sé. “Il chicco di grano se non muore- ci diceva– non può produrre la spiga turgida e biondeggiante”. Ci insegnava che anche le piú grandi difficoltà vengono superate, se abbiamo fede in Dio, perciò ci ripeteva spesso: “Prega, spera, non agitarti: l’agitazione non serve a nulla!”. Soprattutto ci ha educati a chiedere sempre l’aiuto di Gesú, perché il Cristo stesso ci ha detto: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5). Dal punto di vista materiale Padre Pio ha dato speranza e lavoro a tante famiglie. Negli anni ’50-’60, si sentivano ancora gli effetti disastrosi della guerra, che imponevano ristrettezze e sacrifici di ogni genere. In quel tempo, Padre Pio ricordava a tutti, in modo speciale ai giovani, che c’è un proverbio, che dice: “Anche nella notte piú buia e tempestosa, non chiudere mai la porta alla speranza”. Questo si è realizzato per tanti, negli anni cinquanta, grazie all’interessamento e all’intercessione del santo. Egli ha compiuto tanti gesti verso giovani di quegli anni, soprattutto per la città di san Giovanni. Per essi, ha fondato il centro di formazione di lavoro “Istituto terziari cappuccini dell’Addolorata”. Quando questi giovani partivano per lavorare, recandosi da lui, ricevevano la sua benedizione e, abbracciandoli, diceva a ognuno: “Figlio mio, parti con la mia benedizione! Fatti onore e ricordati di quello che ti ho insegnato”. Sia nel campo spirituale che in quello materiale, Padre Pio ha trasmesso speranza dov’era disperazione; fiducia dov’era sconforto; perdono dove regnava odio; collaborazione dov’era ribellione e individualismo; ricchezza dov’era miseria; gioia dov’era tristezza e grazia dov’era il peccato».