Una riforma costituzionale che “non migliora la governabilità e la partecipazione popolare, non promuove il principio di sussidiarietà e la valorizzazione della società civile, non adegua l’ordinamento statuale ai nuovi scenari europei sopranazionali”. Le Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani) si schierano per il NO al prossimo referendum del 25 e 26 giugno. Posizione di contrarietà alla legge di riforma costituzionale sottoposta a referendum confermativo che nasce anzitutto dal metodo della sua approvazione(lo scorso novembre) con soli 9 voti in più e con il solo sostegno della coalizione di governo. “Mai come nella materia costituzionale –spiega il direttivo dell’associazione- il metodo si fa sostanza”.
Quanto ai giudizi di merito, si esprimono preoccupazione e sconcerto per alcuni elementi specifici della riforma. Le Acli parlano di dispotismo del Primo ministro con riferimento alla possibilità concessa al Premier di sciogliere la Camera che abbia espresso un voto di sfiducia nei suoi confronti; “con l’effetto dirompente che è sostanzialmente la Camera che si regge sulla fiducia del Primo Ministro e non il contrario”. Forti critiche riguardano poi l’indebolimento del potere legislativo, che sarebbe il risultato di un meccanismo di formazione delle leggi reso dalla riforma più complesso, gravoso e arzigogolato; l’insofferenza ai contrappesi e alle garanzie costituzionali, dalla riforma dal Presidente della Repubblica, che non avrà più il potere di sciogliere le Camere, alla Corte costituzionale, in cui aumenteranno i membri di nomina parlamentare. L’associazione auspica che “non appena sarà scongiurata questa riforma costituzionale, le forze politiche della maggioranza e dell’opposizione vogliano dialogare con la società civile ponendo mano ad un adeguamento della Carta Costituzionale per rispondere alle sfide attuali del paese”.
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