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Home Programmes Sotto la croce si impara ad amare

Padre Pio modello di fede

Redazione by Redazione
12 anni ago
in Sotto la croce si impara ad amare
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Padre Pio modello di fede
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Episodio
C’erano una volta in una stanza tre candele accese, che si consumavano lentamente. Il luogo era cosí silenzioso che si poteva ascoltare la loro conversazione. La prima candela disse: “Io sono la fede, purtroppo non servo piú a nulla. Gli uomini non ne vogliono piú sapere di me, perché devo restare accesa?”. Finito di parlare, all’improvviso, un leggero vento soffiò su di essa e si spense.
La seconda candela: “Io sono l’amore, non ho piú la forza di rimanere accesa. Gli uomini non mi considerano e non comprendono la mia importanza. Essi odiano persino coloro che li amano di piú, i loro familiari. Penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi”. E, senza attendere ancora, anche la seconda candela si lasciò spegnere. Appena spenta questa candela, entrò nella stanza un bimbo che vide le due candele spente. Impaurito per la semioscurità, gridò: “Ma che fate! Voi dovete rimanere accese, perché io ho paura del buio!”. E si mise a piangere. Allora, la terza candela lo consolò: “Non temere, piccolo; non piangere! Finché io sarò accesa, potremo sempre accendere le altre due candele: io sono la speranza”. Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e con essa riaccese le altre due.
a) Le virtú teologali sono doni di Dio, che, a differenza dei carismi e delle virtú cardinali, rimangono in tutti i tempi e luoghi, in quanto posti a fondamento della vita cristiana: “Queste, dunque, le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità, ma di tutte piú grande è la carità” (1 Cor 13,13). b) Con la fede conosciamo Dio, come nostro fine primo e ultimo. Con la speranza abbiamo fiducia di raggiungerlo e possederlo. Con la carità siamo spinti verso di lui.
S. Pio, modello di fede
L’attuale pontefice, Benedetto XVI, con la Lettera apostolica “motu proprio” ( = di propria iniziativa) Porta fidei, dell’11 ott. 2011, ha indetto l’11 ott. 2012, l’anno della fede, in occasione del 50° anniversario dell’apertura del CEV II (11 ott. 1962) e 20° della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992). Scopo? Il desiderio perenne della Chiesa di rinnovare l’impegno dei credenti, nel confessare la propria fede in G. Xto, autore e perfezionatore della fede stessa (Eb 11, 40). La fede è vista, dal papa, come porta per conoscere “Dio”, perciò già gli apostoli si rivolsero a Gesú: “Signore, aumenta la nostra fede” (Lc 17, 5). Si sono rivolti al Cristo, perché “Dio non l’ha mai visto nessuno: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18). Siccome egli non può ingannarci, perché è morto per noi, e “non vi è amore piú grande di colui che dà la vita per i propri amici” (Gv 15, 13), noi possiamo porre in lui il fondamento della nostra fede, per esser simili “a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7, 24). f) Tra le tante cose, che Cristo ci ha rivelato, dobbiamo abituarci non solo a “vedere Dio” nel creato, ma anche a “vedere il creato, con gli occhi di Dio”. Dio guarda tutto il creato come frutto del suo amore! Cosí anche noi dobbiamo guardare, amare e difendere tutto ciò che ci circonda, come il capolavoro delle nostre creatività!
Per un’autentica fede, che è un dono fattoci nel battesimo, ma solo in germe, si richiede la nostra adesione, col vivere questi 3 verbi: proteggere, accrescere e testimoniare
Proteggere: Da che cosa? Dalle varie tentazioni, che ci conducono a formarci delle nostre idee su Dio. a) Infatti, ci sono molti cristiani, che dicono di avere la fede, perché ammettono che Dio esiste, che Gesú Cristo è esistito, che esistono i santi, ma, poi, vivono come se Dio non esistesse.
b) Dimostrano la loro fede, accendendo candele ai santi, partecipando a una processione, facendo parte di un comitato o di una associazione religiosa, e, poi, non frequentano la messa domenicale, non si nutrono della parola di Dio, dei sacramenti e della carità operosa. c) Tutti questi atti sono manifestazioni di fede, possono essere utili, ma non bastano.
Accrescere: a) Solo la parola di Dio e la carità sono il nutrimento vero e sostanzioso della nostra fede, per cui molti cristiani, che non si nutrono di ciò, alle prime difficoltà, cadono nel dubbio.
b) Siamo credenti, se abbiamo fiducia in Dio, una fiducia, che penetra tutta la nostra esistenza: desideri, speranze e azioni. c) La fede non è solo un dono, ma anche un impegno, per cui da Gesú viene paragonata a un granello di senapa, che deve crescere. Come? Tramite la grazia di Dio, lo studio, la meditazione della sua parola e, soprattutto la carità operosa.
Testimoniare: a) Bisogna tener presente che la fede non è un “obbligo”, ma una risposta libera, altrimenti Dio andrebbe contro se stesso, che ha fatto l’uomo, con il libero arbitrio! Dio dona e l’uomo liberamente, coscientemente e gioiosamente risponde a questo dono, che è la fede!
b) Essa, come dono dello Spirito santo, viene offerta al battezzato non solo come singola persona, ma anche come comunità, perché con essa si viene innestati sul corpo mistico, il cui capo è Gesú, perciò il cristiano non è un’isola! c) In questo corpo, che è la Chiesa, noi riceviamo gli aiuti, per approfondire, accrescere ed esercitare la fede, attraverso i sacramenti, la liturgia e la carità, che è la virtú che fa vivere la fede, perché essa “senza le opere è morta” (Gc 2, 26).
Attenzione, 2 suggerimenti: I) Dalla fede deve fiorire la carità operosa, senza, però, pretendere di vedere i frutti, ma, deponendo il seme della bontà nelle mani di Dio, attendendo solo da lui il riconoscimento e la ricompensa. II) Inoltre, nell’eventualità che sorgessero dei dubbi, bisogna chiedere consigli a persone ricche di fede, di sapienza e di carità operosa.
1ª domanda: “Come p. Pio ha vissuto la fede?”.
Dal “Decreto sulle virtú” leggiamo: “Per p. Pio la vita era la fede: tutto voleva e tutto faceva alla luce della fede. Per alimentarla fu assiduamente impegnato nella preghiera. La giornata e gran parte della notte, infatti, era in colloquio con Dio. Diceva: «Nei libri cerchiamo Dio, nella preghiera lo troviamo. La preghiera è la chiave, che apre il cuore di Dio». La fede portò sempre all’accettazione della volontà misteriosa di Dio. Fu un religioso immerso nelle realtà soprannaturali e contagiava tutti con la sua fede, irradiandola a quelli che lo avvicinavano”.
Sue considerazioni sulle fede
a) La virtú teologale della fede occupa il primo posto nella vita e negli insegnamenti di p. Pio, perché essa è il fondamento insostituibile dell’edificio spirituale. b) Senza di essa non esiste la speranza, né tantomeno la carità. c) Egli, scrive a p. Agostino, il 25 ag. 1915: “La fede per me è l’unico punto d’appoggio nel mare tempestoso della vita” (Ep. I, 634). d) È in forza di questa virtú che egli I) riesce a vincere le difficili prove della sua vita travagliata, II) a sopportare tutte le sofferenze fisiche e morali, che si sono abbattute su di lui e III) a portare a termine la sua missione grandissima di collaboratore con Cristo redentore. e) Dio stesso lo scelse, per la “grande missione” e lo unì intimamente a sé: “Iddio vuole sposarsi coll’anima in fede” (Ep. I, 441 = a p. Ag., il 19 dic 1913). f) È in forza di questa unione che p. Pio racchiuse tutta la propria esistenza in Dio: “Dio per me è sempre fisso nella mente e stampato nel cuore” (Ep. I, 1247 = a p. Ag., il 20 nov 1921), perciò non è mai vacillato, nonostante le insidie del mondo, le persecuzioni e le incomprensioni.
Fede, mezzo di santità soggettiva e per gli altri
a) Ha coltivato il dono della fede, vi ha aderito con tutte le sue forze e l’ha reso operante nella sua vita per la santificazione propria e dei fratelli. Santificazione propria: Con la fede nel cuore si abbandonò totalmente in Gesú, senza mai titubare, anche nei casi piú disperati. A p. Agostino, il 3 dicembre 1912, ne spiega il motivo: “Ho tanta fiducia in Gesú che, se anche vedessi l’inferno aperto dinanzi a me, mi trovassi sull’orlo dell’abisso, non diffiderei, non dispererei, confiderei in lui. Tale è la confidenza che m’ispira la sua mansuetudine” (Ep. I, 317). b) Questo, perché fede equivale a sicurezza e fiducia assoluta in Dio. c) Essa si misura nell’ora della prova, quando cioè i sostegni umani e le grandi illusioni, improvvisamente, si dileguano. d) Se allora la fede non crolla, significa che essa poggia sulla promessa di Dio e sulla parola e persona di Cristo.
Consigli agli altri: a) P. Pio parlava spesso della fede, anche se solo dal punto di vista pratico ed esistenziale, perché voleva che i suoi figli spirituali avessero idee chiare e precise sulla natura di questa virtú, per evitare eventuali deviazioni nel cammino della perfezione. b) Insegnava che sia l’intelligenza che la volontà devono avere la loro parte nella crescita in questa virtú. c) Con insistenza, inculcava che con essa nel cuore, Dio non abbandona mai chi l’invoca: “Ravvivate sempre la vostra fede e non l’abbandonate giammai, ella non abbandona mai alcun uomo, e molto meno l’anima, che smania di amare Dio” (Ep. II, 361 = a Cerase, il 28 feb. 1915). d) La inculcava nei loro cuori, affinché credessero fermamente, per non vacillare e generare paura e dubbio, quando il vento delle passioni si sarebbe fatto piú violento. e) È allora che bisogna maggiormente ricordarsi delle parole di Gesú: “Coraggio sono io, non abbiate paura!” (Mt 14, 27). f) P. Pio, partendo da quest’espressione evangelica, scrive a Margherita Tresca, il 24-12-1917: “Resta pure sulla barca in cui Gesú ti ha posto, e venga pure la tempesta. Viva Gesú! Tu non perirai. Egli ti sembra che dorme, ma a tempo opportuno si desterà per renderti la calma… Egli ti stenderà la mano, e questa mano l’è appunto quel tenuissimo raggio di fiducia in lui che senti in fondo al tuo spirito: stringila forte questa mano, e cammina allegramente almeno sulla punta del tuo spirito” (Ep. III, 173). Conclusione: In questo cammino, lungo e faticoso, il “saggio del Gargano” suggerisce: “Abitiamo colla fede viva, colla speranza ferma e coll’ardente affetto nel cielo, col vivissimo desiderio, finché siamo viatori, per potervi un giorno, quando a Dio piacerà, abitare colla persona” (Ep. II, 453 = a Raffaelina Cerase di Foggia, il 24 giugno 1915).
Barzelletta
Il parroco chiama Pierino, su richiesta di sua madre. È la prima volta che Pierino entra in una chiesa e sta da solo, davanti al prete, che lo fa sedere davanti a lui, lo fissa a lungo negli occhi e gli chiede con tono autoritario: “Dov’è Dio?”. Pierino si guarda intorno, ma non dice niente. Il prete gli grida piú forte: “Dov’è Dio?”. Ma Pierino non dice nulla. Allora il prete si alza dalla scrivania e con voce ancora piú forte gli grida: “Ti ho chiesto «Dov’è Dio?». Rispondi!”. Pierino, preso dal panico, scappa a casa. Sale in camera dal fratello e gli dice: “Stavolta l’abbiamo fatta grossa!”. “Cos’è successo?”. “Dio è scomparso e nel quartiere pensano che siamo stati noi a rapirlo!”.

Redazione

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