Erano circa le nove, questa mattina, quando nella chiesa conventuale di Morcone (Bn) il ministro provinciale dei Frati Cappuccini, fr. Paolo Maria Cuvino, ha letto la testimonianza dell’evento che era avvenuto in quello stesso luogo esattamente un secolo prima: la vestizione del “chierico Fra Pio da Pietra Elcina che al secolo chiamavasi Francesco Forgione”. Il testo è l’attestato sottoscritto da padre Tommaso da Monte Sant’Angelo, maestro dei novizi di colui che poi sarebbe diventato famoso in tutto il mondo col nome di Padre Pio.
Questa celebrazione è stato il momento centrale, il più significativo e il più commovente della “due giorni” voluta dai Frati Minori Cappuccini per la ricorrenza centenaria. L’iniziativa, organizzata dalla rivista “Studi su Padre Pio”, con la collaborazione del Convento e del Comune di Morcone, è stata liturgica ma anche culturale. Persino l’evento più leggero, un concerto svoltosi nella chiesa conventuale, è stato pensato per essere in sintonia con l’evento. Ad esibirsi, infatti, è stato chiamato il Coro Gospel and Spiritual Song “Ancient Souls”.
Grande spazio è stato dato all’approfondimento dell’origine e del significato della vocazione religiosa di Padre Pio. Al tavolo di un convegno, svoltosi ieri e oggi, si sono alternati illustri studiosi e docenti degli atenei cattolici.
I primi due interventi sono stati dedicati alle tre visioni mistiche che hanno preceduto l’ingresso del quindicenne Francesco Forgione nel convento cappuccino di Morcone. Il vice postulatore del processo di beatificazione e canonizzazione, fr. Gerardo Di Flumeri, ne ha analizzato il linguaggio spiegando che è stato attinto da un testo del 600 in cui è descritta un’altra visione, quella dell’abate Teodosio. Trovandola simile alla sua esperienza, essendo state le sue tre visioni non sensibili, non immaginarie, ma puramente “intellettive” e quindi non facilmente esprimibili con parole umane, Padre Pio prende in prestito le parole dell’abate vissuto 1200 anni prima di lui per descrivere il suo vissuto.
Subito dopo il prof. Sabatino Majorano, preside della Pontificia Accademia Alfonsiana e originario di Morcone, ha spiegato quanto queste tre visioni abbiano influenzato la scelta vocazionale di Padre Pio. Tale scelta, secondo il docente, è stata sicuramente libera. Le visioni hanno avuto solo il compito di fargli sorgere una “disponibilità più coraggiosa”, il compito di dissipare dubbi e incertezze. Ma quando ebbe le visioni la scelta era già fatta, “aveva già compiuto i passi necessari per rispondere a questa vocazione”. “L’esperienza mistica, per quanto intensa – secondo il prof. Majorano – non opera da sola, ma richiede una risposta libera”.
Altri due interventi hanno sottolineato il rapporto fra Padre Pio e Cristo. Il prof. Yannis Spiteris, frate cappuccino e docente del Pontificio Ateneo Antoniano, ha sostenuto che il Santo di Pietrelcina si inserisce “nella grande tradizione della Chiesa” che, nei primi secoli, era convinta che “il vero imitatore di Cristo era il martire di sangue o di desiderio”. E Padre Pio è stato martire. “Martire materialmente, spargendo il suo sangue con le stimmate, ma soprattutto martire spiritualmente”. Infatti il santo Cappuccino era “innamorato pazzo di Dio” e ha offerto “la totalità della sua vita per esprimere questo amore”, perché “l’amore per Cristo di Padre Pio non è sentimentale, è oblativo, sacrificale, è annullamento di sé”.
Il docente del Pontificio Ateneo Antoniano ha anche rivelato tutta la sua “meraviglia” quando ha scoperto “l’esattezza teologica con cui Padre Pio parla della partecipazione umana alla vita divina” leggendo la lettera n. 33 a Rafaelina Cerase. “E’ un grande teologo”, ha detto il prof. Spiteris, spiegando anche che l’esattezza teologica riscontrata contrasta con gli insegnamenti ricevuti da fra Pio nei suoi studi.
Altrettanto autorevole è stata la voce del gesuita Giovanni Marchesi, docente alla Pontificia Università Gregoriana, che pur ammettendo la difficoltà di parlare di Padre Pio come teologo sistematico, ha individuato nell’Epistolario i segni evidenti di una “cristologia implicita”, vissuta nel mondo della sua interiorità e presente nelle testimonianze scritte che ci ha lasciato. Non è mancato un certo rammarico, da parte del professore, nel notare che l’affetto e una devozione eccessiva, possono portare a disegnare una spiritualità di Padre Pio con espressioni troppo enfatiche e qualche volta teologicamente discutibili.
Un fuori programma, nell’ambito del convegno, è stata la presentazione di un libro intitolato “Confratelli di Padre Pio”. Fuori programma perché doveva essere una sorpresa. E sorpresa è stata per fr. Gerardo Di Flumeri, a cui questo libro è stato dedicato. Gli è stato consegnato, simbolicamente, dal Ministro Provinciale, fra gli applausi di tutti i presenti, quale atto di gratitudine per il grande impegno profuso nel seguire il processo canonico su Padre Pio dall’inizio fino alla canonizzazione.
Il testo, “cucito” da fr. Luciano Lotti, costituisce una novità editoriale: è la prima volta che sul Santo di Pietrelcina scrivono insieme, a più mani, per uno stesso testo, molti suoi confratelli. Vi sono riportati documenti storici, testimonianze e studi. Ha, dunque, un grande valore scientifico, superato solo dal valore affettivo, visto che è stato concepito dai confratelli di Padre Pio come atto di amore verso chi si è offerto vittima per amore della sua Provincia religiosa, da lui considerata “una cara madre”.
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