Riportiamo di seguito delle meditazioni di Padre Pio sul’Epifania del Signore. E’ la terza meditazione dell’opuscoletto "Tempo Natalizio" pubblicato negli anni cinquanta da Padre Ezechia Cardone, oggi raccolta nel volume quarto dell’Epistolario di Padre Pio.
«La fede anche noi guida, e noi dietro il suo lume sicuri seguiamo il cammino che
ci conduce a Dio, alla sua patria, come i santi magi guardati dalla stella,
simbolo di fede, giungono al luogo desiderato.
La stella si ferma sulla grotta ed essi, illuminati dalla divina grazia,
riconoscono quell’abituro quale reggia del nato re del cielo. Entrano commossi,
ma che scorgono essi per riconoscere il divin re, il Messia? Sono essi certi, di
fronte a tanta povertà, che colui che vedono tremante bambino fra tenere braccia
di una donzella è il loro Dio? Che cosa lo rivela per tale? Per sprofondarsi in
profonde adorazioni dinanzi a lui? Per dimostrargli che sono venuti di lontano
per adorarlo e venerarlo e tributargli onori come a re dei re, se nessuna corte
né celeste e né terrestre lo corteggia?
Ma Gesù li ha chiamati per manifestarsi ad essi. Li ha attratti per farsi da
loro riconoscere. L’interna emozione li fa prostrare per terra. I moti interni
della grazia rivelano alle loro anime che quel tenero pargoletto è Dio ed uomo,
è il vero Messia. I palpiti frequenti e precipitosi dei loro cuori confermano
che esso è il loro Dio incarnato. Quindi prostrati a terra umiliano all’Eterno
fattosi bambino le loro regali dignità. Lo riconoscono, lo adorano, lo amano e
tributano a lui gli onori regali e si pongono sotto il suo dominio divino ed a
lui si offrono con tutto ciò che hanno e che a loro appartiene. Baciano con
trasporto quei piedini divini che la graziosa sua madre loro porge a baciare e,
dopo aver dato sfogo all’impeto dei loro cuori infuocati d’amore, gli offrono i
tre doni: l’incenso per riconoscerlo come loro Dio, la mirra come uomo, l’oro
come sovrano.
Avvertiti poi in sogno dall’angelo di ripassare per altra via, per far ritorno
alle loro terre e disperdere così la malvagità di Erode, si partono col corpo
soltanto da Betlemme, lasciando ivi i loro cuori. Essi, ardendo di zelo per la
gloria di Dio, trasformati in apostoli, spandono tra i loro popoli con l’esempio
e con la parola il buon odore di Gesù Cristo; manifestano le divine meraviglie,
che con i loro occhi hanno visto e con i loro cuori gustato; professano senza
umano rispetto la loro fede e la futura speranza in quel bambino, che sarà il
futuro Salvatore. Per i di lui meriti entreranno un giorno, con tutti i seguaci
del Vangelo, a partecipare della sua gloria nella beata patria del cielo.
L’amore non soffre dilazione ed essi, appena giunti, non risparmiano fatiche per
far conoscere ed amare colui che con l’influsso della grazia aveva conquiso i
loro cuori, ferendoli di quella carità che ama spandersi, perché il cuore nella
sua piccola mole non può contenere, ed ama comunicare ciò che lo riempie.
O Gesù, con i santi magi t’adoriamo, con essi ti offriamo i tre doni della
nostra fede riconoscendoti ed adorandoti quale nostro Dio umiliato per nostro
amore, quale uomo rivestito di fragile carne per patire e morire per noi. E nei
tuoi meriti sperando, siamo sicuri conseguire l’eterna gloria; con la nostra
carità ti riconosciamo sovrano di amore dei nostri cuori, pregandoti che, nella
tua infinita bontà, ti degni gradire ciò che tu stesso ci hai donato.
Degnati trasformare i nostri cuori come trasformasti quelli dei santi magi e fa’
ancora che i nostri cuori, non potendo contenere gli ardori della tua carità, ti
manifestino alle anime dei nostri fratelli per conquistarle.
Il tuo regno non è lontano e tu facci partecipare al tuo trionfo sulla terra,
per poi partecipare al tuo regno nel cielo. Fa’ che non potendo contenere le
comunicazioni della tua divina carità, predichiamo con l’esempio e con le opere
la tua divina regalità. Prendi possesso dei nostri cuori nel tempo per
possederli nell’eternità; che mai ci togliamo da sotto il tuo scettro: né la
vita né la morte valgano a separarci da te. La vita sia vita attinta da te a
larghi sorsi d’amore per spandersi sull’umanità e ci faccia morire ad ogni
istante per vivere solo di te, per spandere te nei nostri cuori».
Padre Pio da Pietrelcina (Epistolario IV)