L’interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma dev’essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa.
E’ un principio che papa Francesco ha definito "norma decisiva per precisare il corretto e reciproco rapporto tra l’esegesi e il Magistero della Chiesa", nel discorso che ha rivolto ai componenti la Pontificia Commissione Biblica, ricevuti oggi al termine della loro assemblea plenaria sul tema Ispirazione e verità della Bibbia.
Come ha sottolineato Francesco, il tema riguarda non soltanto il singolo credente, ma la Chiesa intera, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano sulla Parola di Dio.
“Le Sacre Scritture sono la testimonianza in forma scritta della Parola divina, il memoriale canonico che attesta l’evento della Rivelazione. La Parola di Dio, dunque, precede ed eccede la Bibbia”. Ed è per questo motivo, ha spiegato il Papa, che per comprendere la Scrittura è necessaria la costante presenza dello Spirito Santo, e la guida del Magistero come accaduto nella grande Tradizione e come sancito dal Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica Dei Verbum: «Tutto quanto concerne il modo di interpretare la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio».
Dopo aver ringraziato il Presidente della Commissione, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Francesco, definendo “prezioso” il lavoro degli esegeti, ha ricordato che i testi biblici sono stati affidati alla Comunità dei credenti per alimentare la fede e guidare la vita di carità.
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