Giovani e volontariato sono un connubio d’acciaio. Da un lato c’è il giovanile entusiasmo verso il prossimo e lo slancio adolescenziale verso il no profit, dall’altro lato c’è il muro che separa le nuove generazioni dalla busta paga.
La disoccupazione come stimolo a essere più buoni? Meglio non semplificare troppo le questioni: è comunque un fatto innegabile che il maggior fermento nel mondo del volontariato sia quello provocato dai giovani, attivi a inventarsi nuove associazioni, disponibili a parteciparvi, efficienti nel portarle avanti e farle prosperare. Le esperienze di volontariato e di servizio civile possono essere molto utili per il futuro inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Lo conferma, una ricerca svolta dall’Associazione per la Pace e dalla società di ricerche Innovanet, dal titolo “Giovani e volontariato in Europa: percorsi formativi e sbocchi professionali”. È stata presa in esame l’esperienza dei giovani tra i 18 e i 26 anni che svolgono attività di volontariato o di servizio civile in strutture che forniscono servizi sociali in Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.
La ricerca sottolinea come i maggiori benefici derivano ai giovani da quelle esperienze strutturate in modo più organico dove alla formazione sul campo, svolta nell’ambito di progetti specifici, viene unita pure una impostazione teorica, privilegiando il pieno coinvolgimento del giovane anche nei ruoli che richiedono l’assunzione di maggiori responsabilità.
Sussiste poi la necessità di agire su più piani per massimizzare i benefici delle esperienze di volontariato giovanile e di servizio civile: da una parte, sono necessari gli interventi politici e legislativi che, tenendo adeguatamente conto delle caratteristiche peculiari del settore no-profit, ne agevolino la capacità di offrire opportunità di lavoro; dall’altra, viene indicata l’esigenza di una maggiore attenzione ai percorsi formativi da parte delle stesse organizzazioni del settore no-profit.