A due anni dalla rivoluzione che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak, i diritti umani in Egitto continuano a non essere rispettati.
In un rapporto pubblicato per il secondo anniversario della "rivoluzione del 25 gennaio", data in cui cominciarono nella capitale Il Cairo le manifestazioni che hanno fatto di Piazza Tahrir un’icona della Primavera araba, Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di garantire indagini indipendenti ed efficaci sulla morte di centinaia di manifestanti.
Impunità dilagante: questo il titolo del documento che descrive le carenze delle indagini e dei procedimenti a carico dei responsabili di 840 vittime, brutalmente uccise dalle forze di sicurezza nel corso delle proteste che posero fine a 30 anni di governo repressivo di Mubarak. Almeno altre 6600 persone vennero ferite.
Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, durante la rivolta del 2011 le forze di sicurezza usarono gas lacrimogeni, fucili da caccia e proiettili letali per fronteggiare manifestanti che, nella maggior parte dei casi, non costituivano alcuna minaccia.
Nessun alto funzionario o agente delle forze di sicurezza è stato condannato per aver ucciso o ferito i manifestanti.
"Il presidente Morsi ha ripetutamente onorato la memoria di coloro che persero la vita nella rivoluzione. Eppure, due anni dopo, le forze di sicurezza sembrano farla franca – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International- "Non garantendo la punizione dei responsabili, il presidente Morsi non si distanzia granché dai precedenti decenni".
La sentenza che aveva condannato all’ergastolo l’ex presidente Hosni Mubarak e l’ex ministro dell’Interno Habib al Adly, è stata annullata pochi giorni fa dalla Corte di Cassazione, che ha ordinato un nuovo processo.