Ospite di Tele Radio Padre Pio don Tonio dell’Olio, responsabile del settore internazionale di Libera, rete che coordina nell’impegno antimafia associazioni e gruppi sia locali che nazionali, ci ha permesso di riflettere sull’importanza di educare alla legalità ricordando che “il crimine va combattuto con l’impegno di una società civile e responsabile“ e parlando dei giovani ha sottolineato che “se trovano dei punti di riferimento e non sono abbandonati a loro stessi, rappresentano il vero punto di forza della nostra società.” Vi proponiamo alcuni stralci dell’intervista realizzata all’interno del programma “Un cuore che vede”, la rubrica dedicata al mondo del volontariato e della solidarietà e realizzata in collaborazione con la Caritas della Diocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo.
Don Tonio da anni è impegnato nella lotta alla criminalità organizzata. Non ha paura di scontrarsi con tematiche così delicate?
No! I magistrati che sono stati in prima linea ci hanno insegnato che si ha paura solo quando si è soli. Abbiamo accettato di fare un percorso insieme e a caratterizzare questo percorso è il fatto che non siamo soli. In noi c’è proprio questa forza del “noi” che ci garantisce una certa sicurezza nel momento in cui dovessero verificarsi delle “situazioni infelici” chiamiamoli così. Anche gli esponenti della mafia hanno capito che questo è un processo che va avanti sempre e in ogni costo e che non è legato a delle persone. Facciamo un cammino di grande unità e serenità anche perché c’è una fede che ci sostiene.
Perché l’Associazione Libera? Che cosa si prefigge?
Quando parliamo della lotta contro le mafie, immediatamente pensiamo all’azione della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Non ci rendiamo conto, però, che la repressione è sicuramente un elemento di questa attività malavitosa insieme a tante altre. Ad esempio la sfida, quella che chiamiamo sfida educativa, da questo punto di vista diventa essenziale perché per quanto la Magistratura, le forze dell’Ordine continuano ad arrestare gli esponenti delle organizzazioni malavitose, queste fanno presto a rigenerarsi. Questo perché? Perché c’è un humus, un territorio, una mentalità, un tipo di cultura che è favorevole al diffondersi della criminalità organizzata che tollera l’illegalità. Allora ecco la necessità di una attività educativa che ci vede molto presenti nelle scuole, nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle strade …. Per stare dalla parte della legalità intesa proprio come senso della giustizia è sicuramente un primo elemento importante. Il secondo è quello della memoria che caratterizza l’impegno di Libera per non dimenticare tutte quelle persone che per la fedeltà allo Stato o per non aver ceduto minimamente alla criminalità organizzata hanno perso la vita. Ed e per questo motivo che noi abbiamo iniziato un percorso accanto alle famiglie e il 21 marzo di ogni anno celebriamo la Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia . E poi ci sono tante altre attività che Libera cerca di svolgere nel corso dell’anno collaborando con la Magistratura. Siamo riusciti anche a costruire una rete denominata Flare (Freedom Legality And Rights in Europe). Si tratta di un percorso politico-educativo per la costruzione di un network finalizzato alla cooperazione tra le organizzazioni della società civile nella lotta contro le mafie e le criminalità organizzate transnazionali. Gli aderenti a Flare sono circa 40 associazioni di promozione giovanile, organizzazioni non governative, con attivisti di età compresa tra i 18 e 35 anni, attivi nel campo della promozione giovanile, della lotta allo sfruttamento delle donne e dei minori a fini sessuali, della protezione ambientale, del rispetto dei diritti umani, della lotta alla corruzione, assistenza ai migranti e ai rifugiati. Le loro aree di provenienza sono Europa, bacino del Mediterraneo, Federazione Russa, area caucasica, penisola balcanica, per un totale di 25 diversi paesi circa.
Quanto costa, a livello personale, non tacere sui torti e le ingiustizie? Come rispondono i giovani quando si trovano a confrontarsi con queste tematiche?
C’è una coltre di polvere che a volte cerca di depositarsi su questi ragazzi ed è l’adeguarsi alla mentalità comune il cui principio è che la furbizia paga sempre. L’omertà, il silenzio ci garantisce da certi rischi. I ragazzi non ricevono grandi e buoni esempi dal mondo degli adulti. Però, nel momento in cui, durante gli incontri di formazione proponiamo la testimonianza di chi ha perso qualche persona cara a causa della mafia,ecco che il loro cuore inizia a riscaldarsi di valori legati alla legalità e onestà, valori che sono presenti nei giovani. Infondo, bisogna invitare i giovani a sconfiggere non la mafia ma il “pensare mafioso” che è in ognuno di noi e che si manifesta attraverso le contraddizioni quotidiane che si scontrano con il senso di legalità e società civile. Siamo chiamati tutti ad “essere i primi” ad impegnarci nella lotta alla illegalità, perché solo con la prevenzione e l’affermazione della legalità, che si manifesta anche nell’impegno civile e politico, è possibile essere cittadini responsabili e impedire che l’illegalità si affermi e si radichi nella società civile.
Perché lo fa? In fondo qualcuno potrebbe dire di “limitarsi” a fare il prete?
Io mi sento prete a 360 gradi. Mi sento prete quando incontro la gente, le situazioni di fatica, di dolore e di violenza. Mi sento prete allo stesso modo quando spezzo il pane dell’Eucarestia e quando sono accanto ad un familiare che ha perso un proprio caro in Calabria, in Sicilia, in una faida. Mi sento prete in una scuola e chiedo ai giovani “Ma se ti rubano il motorino tu cosa fai?” Il novanta per cento dei ragazzi che ho incontrato, in alcune zone d’Italia, mi ha risposto: “Sappiamo con mio padre a chi rivolgerci, perché è uno che conosce …. etc. etc.” Questo ti fa capire che è necessario fare un percorso con i ragazzi per aiutarli a crescere, a capire i valori che sono alla base della legalità e dell’onesta. Questo è possibile solo andando incontro ai ragazzi, incontrandoli nei luoghi che frequentano: la scuola, la piazza…. Penso che l’atteggiamento e l’insegnamento di Gesù sia sempre più attuale ed è per questo che noi sacerdoti siamo chiamati ad annunciare il Vangelo per le strade, nei quartieri, nelle piazze. Gesù ci ha lasciato il modello del buon pastore che noi sacerdoti dobbiamo ancora imparare a mettere in pratica.
Dal 1985 e il 1993 ha avuto modo di collaborare con don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, di cui lei è stato anche membro del consiglio nazionale. Quanto ha influito don Tonino Bello nel suo percorso umano e spirituale?
Don Tonino Bello ci ha invitato a guardare dei segni. Diceva continuamente che davanti a coloro che ostèndono i segni del potere dobbiamo opporre il potere dei segni.. Una delle attività che Libera propone sono delle Cooperative gestite da giovani che si ritrovano a lavorare e a gestire quei beni confiscati alla mafia per poter costruire il proprio futuro sull’onesta e la legalità. In questa rifioritura ci si rende conto dei benefici che si ottengono stando dalla parte della legge, della giustizia …. E solo così si riescono a intraprendere dei nuovi cammini. Don Tonino ci ha fatto vedere e sognare un altro modo di essere Chiesa, un altro modo di essere credenti, di porsi e di guardare le cose a partire dagli ultimi. Penso che chiunque si ispiri a don Tonino Bello, o abbia avuto la possibilità di incontrarlo, mette al centro della propria esistenza, al di là del lavoro o del ruolo che svolge nella società, l’importanza e il valore degli ultimi. La nostra società afferma che sono i potenti, i ricchi che contano. Don Tonino Bello affermava: “Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza.” Don Tonino ci ha insegnato a ribaltare i canoni, i segni, le prospettive …. E da questo punto credo che ci sia una santità già riconosciuta. Ora aspettiamo solo che la sua santità sia riconosciuta anche dalla Chiesa ufficiale.