Era il 5 agosto del 1918
L’“assalto del Serafino“, come con un pizzico di poesia è chiamata la transverberazione, è uno dei fenomeni più meravigliosi di tutta la mistica cristiana.
Frutto dell’amore, esso tende all’amore trapassa l’anima e, qualche volta, anche il cuore e il costato, per bruciare di maggiore amore il fortunato protagonista, procurandogli delizie e pene indescrivibili.
Prima di parlare della trasverberazione di Padre Pio dobbiamo definire l’identità del misterioso personaggio che appare come attore dei principali fenomeni mistici verificatisi al cappuccino. Le apparizioni sono tre.
La prima risale al 5 e 7 agosto 1918. Padre Pio ne parla alla lettera del 21 agosto seguente.
La seconda avvenne il 20 settembre del 1918 quando ottenne il dono della stigmatizzazione di cui si riferisce nella lettera del 22 ottobre seguente.
La terza e ultima apparizione è testimoniata dalla lettera di 20 dicembre 1918 nella quale Padre Pio scrive: “questo fenomeno nuovo incominciai ad avvertirlo dietro un’altra apparizione di quel solito misterioso personaggio del 5 del 6 agosto del 20 settembre“.
Il fenomeno della trasverberazione o transverberazione si verificò il 5 agosto del 1918. Padre Pio ne fece puntuale relazione in una lettera indirizzata a Padre Benedetto e datata il 21 dello stesso mese.
“In forza di questa (obbedienza) mi induco a manifestarsi ciò che avvenne me dal giorno 5 a sera, a tutto il 6 del corrente mese. Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativo martirio. Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del 5, quando tutto d’un tratto fui riempito di uno stremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presenta dinanzi all’occhio dell’intelligenza. Teneva in mano, una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con una punta ben affilata che sembrava da essa punta che uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza e suddetto arnese nell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male non sentivo più la forza di continuare. Questo martirio duro senza interruzione fino al mattino del giorno 7. Cosa io soffrii in questo periodo sì luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro quell’arnese, ed il tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente”
Padre Pio afferma che il “personaggio Celeste” che gli si presentò “dinanzi all’occhio dell’intelligenza” gli scagliò “l‘arma nell’anima“. La ferita che ne derivò rimase aperta “nel più intimo dell’anima”. Si tratta, quindi del grado di visione, più perfetto e sublime.
In secondo luogo, il “personaggio Celeste” è lo stesso “misterioso personaggio“, cioè Gesù. Lo strumento utilizzato invece viene descritto in modo alquanto prolisso è contorto, si tratta in pratica, di una lamina di ferro con la punta affiliata e infuocata.
Descrivendo gli effetti, Padre Pio parla di una ferita nel più intimo dell’anima che gli procurò un grande dolore. Ma oltre a questa ferita spirituale ci fu anche una ferita fisica. Per quanto riguarda la durata il testo è esplicito. Il fenomeno si verificò dalla sera del 5 agosto 1918 fino al mattino del 7 seguente senza interruzione. Abbracciò quindi, tutto il tempo della festa liturgica della trasfigurazione del Signore 6 agosto a cominciare dai primi vespri della sera del 5.
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