A Rutigliano è nato un birrificio che favorisce l’inserimento di ragazzi con disabilità e problematiche. Si chiama “Teste calde”
Ambiziosa, unica, “terrosa” come il sapore della birra artigianale “Teste Calde” a Rutigliano e come il progetto di inclusione sociale da cui è nata. Dopo l’esperienza dell’omonimo ristorante che ha permesso a dieci ragazzi disabili di cominciare un’esperienza lavorativa, nell’ottobre del 2017 la cooperativa sociale “Dis-Abilità e Lavoro” ha intrapreso un’altra avventura: produrre birra artigianale, scegliendo un posto immerso nel verde e dove i ragazzi potessero sentirsi a loro agio.
«Anche questa è stata una grande scommessa – racconta Carmela Antonelli che si occupa delle pubbliche relazioni – non siamo nati birrai e neanche ristoratori. Abbiamo puntato sulla competenza e la professionalità che i ragazzi si sforzano quotidianamente di acquisire. E questa è la nostra forza».
Golden, Ipa, Tripel, Saison, Stout e Brown Ale sono alcune delle varietà di birra prodotta, per un totale di tremila litri l’anno.

Vito, Alessandra e Giacomo indossano la maglietta con il logo del birrificio sociale in cui lavorano. Sono impegnati a tappare le bottiglie di birra e a posizionare l’etichetta colorata che distingue le varie tipologie. Sono attenti, silenziosi e concentrati nei gesti, anche se ogni tanto scappa un sorriso complice o un’occhiata per chiedere un piccolo aiuto.
«Ci siamo resi conto che produrre birra poteva essere la direzione giusta per puntare all’inserimento lavorativo – spiega Luca Schiavone ideatore di “Teste Calde” – oggi vi lavorano tre ragazzi che abbiamo scelto all’interno del centro diurno dove lo stesso mastro birraio fa l’educatore. Hanno seguito un programma di formazione con lui, e su dieci ragazzi loro sono risultati i più idonei e motivati a lavorare alla produzione».
«Nasco come educatore – racconta il mastro birraio Pasquale Ursi– e con una grande passione per la birra artigianale. Qualche anno fa ho iniziato a produrne pochi litri in casa. La quantità giusta da far assaggiare agli amici. Poi l’incontro con Luca e con il suo progetto. E così mi sono messo in gioco: produrre quantitativi maggiori di birra e venderla ad un pubblico più vasto. È una grande soddisfazione: sono riuscito a coniugare quella che è la mia formazione universitaria con la mia passione, diventata anche un lavoro».
I ragazzi affiancano Pasquale in tutte le fasi di produzione, e così formazione e lavoro si abbinano perfettamente. «Mi piacerebbe che un giorno loro stessi possano presentare la birra ai clienti, versarla nei bicchieri. Insomma essere i veri protagonisti» aggiunge Pasquale.
I ragazzi raccontano di essere felici di lavorare nel birrificio. «Qui si sta bene. Siamo una bella squadra». «Impariamo molte cose su come si produce la birra, dalle ricette all’assaggio». Per loro diventa qualcosa di nuovo, di diverso rispetto alla quotidianità che vivono in casa.
«Ci mettono tutta la forza e l’amore che hanno – spiega Luca – e sono soprattutto contenti del fatto che chi assaggia la birra sa che in qualche modo loro ne sono stati gli artefici».
«Noi continueremo a credere nell’inserimento lavorativo, nell’inclusione sociale ma soprattutto nelle diverse abilità. Noi ci crediamo e otteniamo risultati perché i ragazzi contano su di noi e noi contiamo su di loro in una sorta di fiducia reciproca. Perché nonostante le difficoltà loro superano se stessi» precisa Fabio, responsabile delle vendite, mentre insieme ad Alessandra e Vito sistema in una scatola alcune bottiglie di birra, pronte per essere gustate dai clienti del ristorante “Teste Calde”, dove il “sogno” dell’inserimento lavorativo si è concretizzato.
«Il nostro obiettivo è quello di aumentare la capacità produttiva del birrificio e la sua forza lavoro – prosegue – così l’esperienza di Giacomo, Vito e Alessandra, potrà essere sperimentata anche da altri ragazzi che sperano in un futuro migliore, privo di pregiudizi».
Il microbirrificio “Teste Calde” è una storia possibile perché continua a seminare speranze. È una realtà che prima di produrre birra racconta la storia di chi ha creduto in un progetto ambizioso: puntare sulle fragilità dei suoi ragazzi e trasformarle, passo dopo passo, in capacità. Dando loro, giorno dopo giorno, l’entusiasmo giusto per credere che ce la possono fare.
«C’è una cosa che impariamo ogni giorno dai nostri ragazzi – confessa Luca – che la normalità è solo un concetto. Siamo tutti diversi, bisognerebbe soltanto convivere con le nostre diversità e con le diversità degli altri per poter intraprendere un percorso di armonia con tutti».