A Milano Ernesto Pellegrini ha creato un posto per famiglie in difficoltà dove si cena con un euro.
«Ho iniziato l’attività imprenditoriale con 150 mila lire regalatemi dalla ditta Bianchi dove ero capo contabile. Oggi la mia azienda dà lavoro a 8500 persone. La Fondazione è un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita. L’ho fatto partendo da ciò che mi riesce meglio: ristorare le persone, dar loro un momento di nutrimento e di conforto; due cose particolarmente preziose». Ernesto Pellegrini, classe 1940, presidente dell’Inter per quasi dieci anni, oggi è uno stimato imprenditore, a capo dell’omonima azienda milanese leader nella ristorazione.

Dal 2014 ha aperto il ristorante Ruben, (creatura della Fondazione) nel quartiere Giambellino, alla periferia sudovest di Milano, dove famiglie, coppie e persone singole in difficoltà economica, anche temporanea, possono cenare ad un euro, mentre i più piccoli non pagano nulla.
«Al ristorante si accede mediante una tessera che viene rilasciata dopo un colloquio nel centro di ascolto. Questa vale sessanta giorni, è rinnovabile e permette ai nostri commensali di cenare al costo di un euro. Pagare la propria cena, anche con un prezzo simbolico, è un gesto che restituisce dignità alla persona e questo è importante» spiega Christian Uccellatore, responsabile del progetto Ruben.
Oltre ai dipendenti della Fondazione che lavorano per Ruben, ci sono un centinaio di volontari che supportano il progetto. Il raggio d’azione dei loro compiti è abbastanza ampio: si parte dai lavori di segreteria e d’ufficio fino a quelli un po’ più delicati e quindi a contatto con le persone. Infatti una decina di loro, con turni settimanali, sono in sala tutte le sere.
I tesserati sono circa 4000 con una frequenza media serale a cena di 350-400 persone. I bambini tra gli 0 e i 12 anni sono 130. Un 60% di utenza è italiana, la restante straniera. L’età media dei commensali di Ruben è tra i 40 e i 55 anni.

Il 24 febbraio, a causa dell’emergenza sanitaria e delle misure restrittive, il ristorante, nella sua formula classica, ha chiuso, ma non ha lasciato digiuni i suoi ospiti.
«Sempre in stile Ruben ci siamo organizzati dal giorno successivo alla chiusura per fornire “cene da asporto”, a scelta tra quattro menù, confezionate in appositi contenitori» – spiega Christian.
L’8 giugno Ruben ha riaperto le porte del ristorante e lo ha fatto predisponendosi ad accogliere i suoi commensali in totale sicurezza: barriere di plexiglass sui tavoli, posti contingentati e alternati, segnaletica per il distanziamento, allungamento dell’orario di apertura, sanificazione, obbligo di mascherina e rilevamento temperatura all’ingresso.

«Con questo nuovo assetto abbiamo accolto le numerose persone e famiglie che sono andate in difficoltà durante gli ultimi mesi per effetto della crisi sanitaria ed economica, contribuendo, insieme alle reti territoriali, a fornire loro una risposta – ha aggiunto Christian – ci apprestiamo ad affrontare scenari diversi rispetto alle nuove forme di povertà emergenti e ai numeri sicuramente maggiori di situazioni di bisogno. La nostra organizzazione e i nostri progetti di supporto si sono riorientati e sono pronti ad affrontare nuove sfide».