Quando è cominciata la paradossale e grave crisi de La Gazzetta del Mezzogiorno, esterna alle dinamiche produttive del quotidiano, io, la mia redazione e i nostri editori abbiamo sperimentato un senso di impotenza. Ci siamo sentiti paralizzati, attoniti, dinanzi a una vicenda alla cui soluzione non ci sembrava di poter offrire un contributo concreto. In fondo speravamo che il buon senso avrebbe potuto e dovuto illuminare quanti hanno, essi sì, le redini della situazione in mano.
Evidentemente ci siamo illusi.
Oggi, però, ci troviamo dinanzi a un fatto nuovo, drammatico, che ci fa capire come il giornale più antico della Puglia sia ormai prossimo al punto di non ritorno: da ieri ne è stata sospesa la pubblicazione a tempo indeterminato, in conseguenza «di uno sciopero ad oltranza proclamato dall’assemblea di redazione» per la «persistente assenza di risposte da parte degli amministratori giudiziari sul pagamento degli stipendi e dei versamenti previdenziali arretrati, nonché sulle incertezze del futuro della testata», dopo il «sequestro delle quote societarie dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo».
Qualcuno ha parlato di «agonia».
Oggi, come ieri, siamo consapevoli di non avere alcun potere per invertire la rotta, ma solo una voce: una flebile voce nell’assordante frastuono del disinteresse. Ma, anche a costo di illuderci ancora una volta, non ce la sentiamo di tacere.
Così affidiamo a queste poche righe non solo la solidarietà ai colleghi e alle rispettive famiglie, costretti a sopravvivere senza stipendio dallo scorso mese di novembre, ma anche un appello a chi può e deve impedire che questa «agonia» possa arrivare all’inaugurabileexitusper “omissione di soccorso”. Sono a rischio: la sopravvivenza di una voce libera e onesta, soprattutto nel periodo della direzione di Giuseppe De Tomaso; la crescita culturale di due regioni (Puglia e Basilicata), che da 131 anni ha avuto ne La Gazzetta del Mezzogiornoun punto di riferimento costante e puntuale; ma soprattutto la dignità umana e sociale di tanti onesti lavoratori, giornalisti e poligrafici, che si ritroverebbero insieme alle loro famiglie nel buio tunnel dell’incertezza occupazionale, mentre la crisi economica sembra tutt’altro che intenzionata ad allontanarsi dal nostro orizzonte.
Da colleghi e da credenti, ci auguriamo, quindi, che la nostra flebile voce si unisca a tante altre voci e contribuisca a formare un coro, capace di farsi udire in alto, «dove si puote ciò che si vuole», ma anche in basso, nel cuore di tanti pugliesi e lucani, che forse non hanno ancora percepito quello che potrebbero perdere.
Stefano Campanella
Direttore di Tele Radio Padre Pio e Padre Pio Tv