Appuntamento con la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (18-25 gennaio, SPUC), in un contesto del tutto inaspettato. La Comunità monastica femminile di Grandchamp, ecumenica fin dagli albori, negli anni ’40, in Svizzera, ha scelto come pagina biblica di riferimento le parole di Gesù durante l’ultima Cena: Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto (cfr. Gv 15,5-9). L’analogia con la vite ed i tralci rende evidente che non siamo noi a creare unità, ma Dio: noi ci rendiamo semplicemente disponibili alla Sua azione.

Le sorelle monache di Grandchamp, con la loro testimonianza di vita (50 suore di diverse chiese e nazionalità) invitano a ritornare al cuore del movimento ecumenico. Come afferma anche il Concilio Vaticano II: la conversione del cuore, la preghiera per l’unità e la santità di vita costituiscono l’anima di tutto l’ecumenismo (Unitatis Redintegratio, 8). Questa Settimana di Preghiera, profezia di un mondo riconciliato, è lo spazio che le chiese offrono a Dio per poter costruire la sua Chiesa. Egli si rivolge congiuntamente ai cristiani di diverse confessioni, affinché cresca la comunione nell’ascolto e nella condivisione dei diversi riflessi che quell’unica Parola è in grado di far risplendere attraverso la varietà dei doni spirituali che ciascun battezzato porta con sé, in virtù dello Spirito che ha ricevuto, e della comunità cristiana che lo ha educato.

Il tema di quest’anno è stato scelto prima del diffondersi della pandemia, eppure risulta essere profetico e calzante in un momento storico in cui tutto è mutato intorno a ciascuno di noi, ponendoci davanti a noi stessi, fragili ma saldi in Lui, unica vite che non può essere sradicata. Le nostre esistenze di cristiani appartenenti a diverse comunità sono state scosse nel profondo, ma, consapevoli che Gesù è la sola speranza, condividiamo attraverso la preghiera e le opere di carità la fede comune.