Giustizia per le ‘comfort women’.
Amnesty International ha chiesto oggi al governo giapponese di ammettere la piena responsabilità per i crimini commessi contro le donne ridotte in schiavitù durante e dopo la II guerra mondiale.
In un lungo rapporto intitolato ‘Ancora in attesa dopo 60 anni: giustizia per le sopravvissute alla schiavitù sessuale’, l’organizzazione di difesa dei diritti umani descrive le brutalità cui furono sottoposte le ‘donne di conforto’: almeno 200mila donne, rapite o comprate dai militari giapponesi nel proprio paese e nei paesi occupati (Filippine, Thailandia, Vietnam, Corea, Indonesia ed altri).
Nonostante si trattasse di un sistema di stupri istituzionalizzato, il crimine fu ignorato dalla Corte marziale internazionale per l’Estremo oriente, istituita al termine della II guerra mondiale per processare i criminali di guerra giapponesi.
L’unico organo giudiziario ad occuparsene fu la Corte marziale olandese in Indonesia.
Tra umiliazione e vergogna, le vittime sopravvissute sono rimaste in silenzio per decenni, finché l’ostinato negazionismo del governo giapponese le ha spinte a parlare.
Il rapporto di Amnesty International, oltre ad una dettagliata documentazione dei fatti, contiene raccomandazioni al governo di Tokio e alla comunità internazionale perché finalmente sia fatta giustizia. “Il Giappone deve porre fine a 60 anni di errori, fornendo piena riparazione alle sopravvissute di quell’orribile sistema di schiavitù “ ha dichiarato Purna Sen, direttore del programma Asia e Pacifico di Amnesty International.
Il governo giapponese ha sostenuto che lo stupro è entrato a far parte dei crimini di guerra solo nel 1949, quando è stato incorporato nella Quarta Convenzione di Ginevra. Amnesty International replica che lo stupro nel contesto di un conflitto armato era già ampiamente considerato un crimine
secondo il diritto consuetudinario.