5 febbraio
Il suo nome deriva dal grego Agathé e significa buona.
Nasce a Catania, probabilmente intorno al 235, in un periodo in cui le persecuzioni contro i cristiani erano molto forti. Venivano costretti ad abiurare alla fede cristiana con sacrifici agli dei. Il rifiuto comportava la denuncia, l’arresto e la tortura.

Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia. Il padre Rao e la madre Apolla la educarono secondo i principi cristiani. A 15 anni si consacrò a Dio e il vescovo di Catania, durante la cerimonia chiamata velatio, le impose il flammeum che era il velo rosso che indossavano le vergini consacrate.
Catturata, viene condotta da Quinziano, nel Palazzo Pretorio, che se ve invaghisce a tal punto da affidarla ad una cortigiana di facili costumi, Afrodisia, per renderla più disponibile ai suoi capricci. Afrodisia, sconfitta nel suo intento, la restituisce al proconsole che adirato la sottopone ad un processo. Il giorno successivo, Agata viene costretta ad atroci torture: le vengono stirati gli arti, scottata con lamine infuocate, lacerata con pettini di ferro e le vengono strappati o tagliati i seni con enormi tenaglie.
Questo supplizio sarà la sua rappresentazione iconografica: Sant’Agata con i seni posati su un piatto e con le tenaglie. Tornata in cella tutta dolorante, viene visitata da San Paolo apostolo che, accompagnato da un bambino porta lanterna, le risana le ferite e i seni.
Riportata davanti al proconsole che, sconcertato e stupito, la vede guarita ordina che venga bruciata. Venne posta su un letto di carboni ardenti ma, mentre il suo corpo bruciava, il velo rimase intatto divenendo una delle reliquie più preziose della Santa. Durante la tortura, un grande terremoto colpisce Catania facendo crollare parte del pretorio e seppellendo i due carnefici di Quinziano. Il proconsole, impaurito, ordina di riprendere il corpo della vergine e di riportarlo in celle dove, dopo qualche ora, morirà.
Sant’Agata diviene patrona di Catania e protettrice contro le eruzioni vulcaniche e contro gli incendi.
“Il velo di sant’Agata” è stato portato più volte in processione davanti alle colate della lava dell’Etna, avendo il potere di fermarla. Infatti, nel 1886, durante una delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, il vescovo di Catania portò il velo in processione e la città di Nicolosi venne risparmiata.
Viene venerata anche in altre città come Palermo, Roma, Milano nella cui diocesi si contano almeno 26 chiese a lei intitolate.
Il duomo di Catania conserva le reliquie della sua “Santaituzza”: il busto argenteo viene portato in processione preceduto dalle “Candelore”, sculture verticali in legno dove sono scolpiti gli episodi salienti della vita di Santa Agata, e posto sul “fercolo”, una macchina trainata con due lunghe e robuste funi, da centinaia di giovani appartenenti a undici Corporazioni di mestieri tradizionali vestiti dal caratteristico sacco che rappresenterebbe, secondo la tradizione, la camicia da notte che i catanesi indossarono quando accolsero le reliquie della Santa che rientravano nella città.