“In quest’ultima domenica dell’anno liturgico – ha detto stamane Benedetto XVI nella messa celebrata nella basilica vaticana in occasione della festa di Cristo re – la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo”. Le tre letture della domenica parlano di questo regno. Nel brano evangelico, Gesù è stato portato davanti a Pilato, al quale “chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità, che non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico…Gesù non ha nessuna ambizione politica”. Infatti, il regno di Dio “non si basa sulle armi e sulla violenza”, anzi “nel supremo atto di amore” della Croce “risplenderà il regno promesso, il regno di Dio”. Stesso discorso nel racconto della Passione, ove Gesù “vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita”. Davanti a Pilato, “Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità”. Cristo “è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace. Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio”.
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Nel 1928, fu il cappuccino ligure, padre Antonio Durante (morto in concetto di santità nel 1970), a portare, in Argentina,...