“L’Italia e gli altri paesi europei hanno saputo reagire alla tempesta BSE: tre anni dopo il primo caso di mucca pazza nel nostro paese, il sistema di rintracciabilità dei capi bovini è completo ed accurato. Dal gennaio 2001 sono state complessivamente eseguite due milioni di analisi, di cui 777.500 nell’ultimo anno”.
Stefano Masini, responsabile Coldiretti per il settore consumi, ripercorre la battaglia anti mucca pazza snocciolando ai microfoni di Radio Padre Pio cifre e dati eloquenti: divieto dell’uso delle farine animali nell’alimentazione del bestiame, test obbligatorio su tutti i bovini di età superiore a 24 mesi e su tutti i capi malati o sottoposti a macellazione d’urgenza, eliminazione degli organi a rischio dalla catena alimentare e distruzione volontaria, nel 2001, di oltre 100.000 capi.
Intanto, gli acquisti di carne bovina degli italiani sono risaliti del 20%, nonostante perduri il bando della bistecca con l’osso(l’Unione Europea prevede comunque di riportare la fiorentina a tavola entro il 2004).
La sicurezza di oggi è merito del sistema di etichettatura completa, che secondo l’esperto dovrebbe essere allargato anche agli altri capi di bestiame: manca ancora per il pollame, la carne di coniglio e per quella suina, e sarebbe una misura di garanzia rispetto a recenti allarmi alimentari come i casi di polli all’antibiotico importati dal Brasile e di maiali alla diossina provenienti dal Belgio.
La BSE(encefalopatia spongiforme bovina) ha colpito in Italia 115 capi di cui 50 individuati nel 2001, 36 nel 2002 e 29 nel 2003, che rappresentano il 2% del totale comunitario.
Nell’ultimo anno i paesi più colpiti sono stati Gran Bretagna(527 casi), Irlanda(184), e Spagna(158).