“Dirò che Mons. Romero è stato un uomo fatto dal popolo grazie alla sua fedeltà nei confronti di Dio“.
Con queste parole don Alberto Vitale, Consigliere Nazionale di Pax Christi ha definito la figura di Mons. Oscar Romero prima di intervenire all’incontro promosso dalla Commissione Diocesana di pastorale Sociale, Giustizia e Pace, Salvaguardia del creato, la Caritas Diocesana e il Punto Pace di Pax Christi a Bisceglie (Ba) e ospite di Radio Padre Pio.
La manifestazione si inserisce nell’ambito della serie di incontri dal titolo “In piedi costruttori di Pace. Modelli di identità di Pace”. Don Alberto come mai è stata scelta la figura di Mons. Romero il quale ha dedicato la sua vita alla Chiesa del Salvador, in America Centrale?
La manifestazione si inserisce dentro una serie di incontri che si stanno svolgendo da un anno con riferimento particolare alle beatitudini. Per ciascuna beatitudine di Matteo è stato scelto un testimone. La beatitudine che mette in risalto la figura di Mons. Romero è quella che mette in risalto i perseguitati a causa della giustizia: “Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male a causa mia”. La figura di Mons. Romero è stata scelta non solo come martire per la sua persona, ma come rappresentante di tutti i martiri della Chiesa. Fin dagli inizi del suo episcopato si schierò con forza e con coraggio contro le violenze politiche e sociali che insanguinavano la città e la nazione, e che purtroppo continuano sino ai giorni nostri. Si oppose al governo dittatoriale che prevalse proprio nel 1977, e scelse di stare con gli ultimi, con i poveri, con coloro che subivano le violenze e sopraffazioni. Attaccò con coraggio i “signori della morte”, coloro che, sotto la protezione del potere, si arricchivano con il traffico della droga e delle armi, con lo sfruttamento dei più deboli, con la prostituzione. L’arcivescovo divenne rapidamente un simbolo di speranza per tutti i poveri del suo Paese e per coloro che nell’America Latina lottano contro ogni genere di violenze.
Otto giorni prima del suo assassinio, Mons. Romero disse: “ Se uccidono me, resterà sempre il popolo,il mio popolo. Un popolo non lo si può ammazzare …”.
Mons. Romero aveva una grande paura di morire ed è questo che in qualche modo lo fa simile a Gesù nell’Orto degli Ulivi. Ciò che Mons. Romero ha detto, nonostante la sua paura, sta a significare che lui era certo che nonostante la sua morte sarebbe risuscitato nel popolo del Salvador. In queste parole trova conferma la dimensione più importante della sua testimonianza ossia la testimonianza di un uomo che al momento della fedeltà suprema ha avuto il coraggio di andare fino in fondo. Fedeltà alla Parola di Dio e fedeltà al suo popolo.
Lei ha dichiarato: “Mons. Romero è stato un uomo fatto dal popolo…” Che cosa significa?
Nel corso dell’incontro che si svolgerà a Bisceglie, presenterò la figura di Mons. Romero proprio con queste parole perché non è possibile comprendere la sua figura senza considerare il popolo. Credo che non ci sarebbe stato nessun Mons. Romero se non ci fosse stato il suo popolo. Romero non sarebbe mai diventato profeta se non si fosse ritrovato pastore di un popolo profeta….e tanto meno avrebbe avuto il coraggio di affrontare la persecuzione e soprattutto il martirio se non si fosse ritrovato ad essere pastore di un popolo martire. Lui stesso affermò otto giorni prima di morire: “ Sì, possono uccidermi; anzi, mi uccideranno, benché alcuni pensino che sarebbe un grave errore politico; ma lo faranno ugualmente, perché pensano che il popolo sia insorto dietro le pressioni di un vescovo. Ma non è vero: il popolo è pienamente consapevole di chi sono i suoi nemici; e altrettanto conosce bene i propri bisogni e le alternative che si presentano”.
Coraggio e tanta fermezza nelle sue parole…..
La figura di Mons. Romero è una figura attualissima più che ami. Faccio solo due esempi. Nell’ultima omelia, prima di essere ucciso, Mons. Romero rivolse un appello a tutti i soldati perché tornassero ad obbedire alla legge di Dio che dice di non uccidere. Con parole molto dure disse, senza esitazione, che era arrivato il momento di recuperare la propria coscienza per obbedire alla legge di Dio che si oppone al comando del peccato….un comando che insegna ad uccidere i propri fratelli. Ci sono, poi, innumerevoli episodi di difesa dei diritti umani che lo hanno portato a schierarsi sempre dalla parte dei più poveri. Lui stesso ha dichiarato: “ Finché i contadini, e gli operai e i loro dirigenti non hanno sicurezza; finché il popolo viene sistematicamente assassinato dalle forze di repressione della giunta, io, che sono un semplice servitore del popolo, non ho nessun diritto di cercare misure di sicurezza” .
Cosa direbbe oggi alla nostra società soffocata da un desiderio sfrenato di benessere e dall’altra parte da violenza, povertà e sangue?.
Direbbe ciò che disse allora. Quando l’uomo scaglia la gerarchia dei valori e mette il “dio denaro”, “l’idolatria del denaro” al primo posto di conseguenza viene tutto il resto… Non dimentichiamo che le guerre sono causate dal denaro e quindi dell’egoismo dell’uomo e questo vale anche per la povertà e la miseria. Oggi una parte del mondo è sotto l’oppressione della guerra e una stragrande maggioranza è sotto l’oppressione della povertà e della fame.Non c’è pace senza giustizia. Giustizia è equa distribuzione delle risorse della natura. Il problema non è la globalizzazione in sé che non è né giusta né ingiusta ma la necessità di riformulare i principi di convivenza e collaborazione tra i popoli.
Romero ha sacrificato la sua vita a difesa della verità, della giustizia e dei valori del Vangelo: una testimonianza straordinaria e non isolata, un segno importante che è possibile vivere e morire secondo la legge di Dio rivelata da Gesù Cristo.