“Nella nostra società fa più clamore il diritto a morire che quello a vivere”
Dal XXVI Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita, conclusosi ieri a Bari, parte anche un’esemplare testimonianza contro l’eutanasia.
Mario Melazzini, primario ospedaliero, da quattro anni ammalato di Sclerosi laterale amiotrofica e presidente dell’Aisla, l’associazione italiana dei pazienti affetti da questa malattia, ha reclamato il suo diritto e la sua voglia di vivere. “Anch’io ho pensato all’eutanasia quando, nei primi tempi della malattia, mi sono allontanato egoisticamente da tutto e da tutti rifugiandomi nel mio lavoro. E’ stato tempo prezioso perso inutilmente, non ho tenuto conto dei sentimenti e delle esigenze dei miei familiari. Solo ora posso dire di aver imparato a vivere: riesco ad apprezzare le piccole cose, sono felice di esserci. Nella mia professione di medico per la prima volta ho capito come rapportarsi al paziente, di che cosa ha bisogno”.
Parlando agli oltre cinquecento operatori dei Centri di aiuto alla vita riuniti a Bari, ha ribadito con forza: “La richiesta di eutanasia ed eventualmente la scelta della società di cedere su questo fronte è puro egoismo. E’ la risposta più facile e più sbagliata perché i malati vanno aiutati a vivere e questo è possibile solo attraverso un’assistenza adeguata e dignitosa. E’ un’accoglienza del malato e della sua sofferenza che alla società inevitabilmente ‘costa’. L’impegno di chi lavora per il diritto alla vita diventa allora quello di fare del tutto perché quel costo non diventi mai un peso e che la società nel suo insieme non dimentichi mai che la vita è un dono, e che vale la pena di viverlo fino in fondo”.