Un terzo del pianeta è a secco, ma nelle terre aride vivono due miliardi di persone.
Mentre a Stoccolma si chiude la Settimana mondiale dell’acqua, Legambiente rilancia l’allarme sulla desertificazione e le conseguenze sociali ed economiche dei cambiamenti climatici.
Sono 135 milioni le persone che rischiano l’esodo forzato dai luoghi in cui abitano per cause ambientali e oltre tre miliardi quelli che abitano zone esposte a rischi quali inondazioni, frane, cicloni, eruzioni vulcaniche, terremoti. E la situazione è destinata a peggiorare, visto che i continenti perdono ogni cinque anni 24 miliardi di tonnellate di superficie fertile, e che 50mila grandi dighe, che forniscono il 20 per cento dell’elettricità globale, assorbono il 60 per cento dei grandi sistemi fluviali.
“La desertificazione –ha dichiarato a Radio Padre Pio Maurizio Gubbiotti responsabile Dipartimento Internazionale di Legambiente –è una delle più gravi e pervasive forme di degrado ambientale, e coinvolge un altissimo numero di persone. Le comunità povere sono spesso insediate in zone fragili e, non avendo mezzi per gestire adeguatamente le risorse, provocano a loro volta la degradazione generale dell’ambiente. È un circolo vizioso: la povertà favorisce il degrado, il degrado produce povertà”.
Secondo le Nazioni Unite la desertificazione è l’emergenza ambientale più grave degli ultimi decenni: solo le perdite economiche ammontano a circa 42 miliardi di dollari l’anno. Da parte sua la Commissione mondiale sulle dighe fotografa questa realtà: l’impatto sociale ed economico più grave si è verificato a danno delle comunità più povere e dei settori più vulnerabili: il 70 per cento degli sfollati appartiene a popolazioni indigene, per lo più a comunità contadine e minoranze etniche.
Per il direttore generale della gestione dell’acqua Frank Rijsberman, che ha curato lo studio più completo(700 esperti internazionali) sul problema siccità in agricoltura, ci sono due tipi di penuria: quella dove le risorse idriche sono eccessivamente sfruttate, con l’effetto di far abbassare il livello delle falde acquifere e prosciugare i fiumi, e quella nei Paesi privi di mezzi tecnici o finanziari per ‘catturare’ l’acqua(delle piogge, dei fiumi), che si trova in abbondanza. Complessivamente, la penuria d’acqua è dovuta per il 98 per cento a cause umane, e solo per il 2 per cento a cause naturali.
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Pellegrinaggio nazionale dei disabili a San Giovanni Rotondo nei luoghi di Padre Pio