C’è un’Italia in costante aumento demografico: è quella che vive fuori dai confini nazionali. Lo dimostrano gli ultimi dati del Rapporto Italiani nel Mondo, presentato oggi dalla Fondazione Migrantes.
In 15 anni il RIM ha fotografato un fenomeno di mobilità verso i Paesi esteri paragonabile a quello registrato nel Secondo Dopoguerra. Se nel 2006 gli italiani regolarmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) erano 3 milioni e 106mila, nel 2020 sono circa 5 milioni e mezzo: la mobilità è aumentata del +76,6%.

Nel 2019 hanno registrato la loro residenza all’estero 130.936 italiani (+2.353 persone rispetto all’anno precedente), di cui il 55,3% maschi. Per tre quarti si tratta di giovani (il 40,9% è tra i 18 e i 34 anni), e giovani-adulti. Non mancano i minori: 1 su 5. Hanno lasciato l’Italia quindi anche nuclei familiari con figli al seguito.
L’Europa è in testa come destinazione della mobilità più recente:+1.119.432, raggiungendo 3 milioni di residenti totali).Le crescite più significative nel periodo complessivo (15 anni) riguardano Paesi definiti dagli esperti “nuove frontiere”: Malta (+632,8%), Portogallo (+399,4%), Irlanda (+332,1%), Norvegia (+277,9%) e Finlandia (+206,2%).
Il continente americano, soprattutto l’area latina, è cresciuto grazie alle acquisizioni di cittadinanza (+123,4% dal 2006) coinvolgendo in particolare Brasile (+221,3%), Cile (+123,1%), Argentina (+114,9%). Oltre il 70% (+793.876) delle iscrizioni totali avute in America dal 2006 ha riguardato soltanto Argentina (+464.670) e Brasile (+329.206).

Lunga e complessa l’analisi delle motivazioni. In sintesi: lavoro. Competenza, formazione, creatività sono qualità che all’estero vengono riconosciute con salari adeguati. Da anni il Rapporto Italiani nel Mondo dimostra che i punti deboli dell’Italia diventano punti di forza nei Paesi in cui si dirigono gli espatriati italiani, prima fra tutte la minore incertezza di poter migliorare la propria condizione.
Di “legame imprescindibile con la patria” ha parlato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha auspicato una profonda riflessione politica che conduca ad un progressivo ritorno in Italia dei migranti, a cominciare dai più giovani.
La prima regione da cui si parte per l’estero oggi in Italia è la Lombardia (seguita dal Veneto), ma il vero divario è tra città e aree interne. A svuotarsi sono i territori già provati da spopolamento, eventi calamitosi o sfortunate congiunture economiche; territori che hanno urgente bisogno di uno sguardo di prossimità che sappia esaltare la persona e le sue relazioni, e abbia imparato dalla pandemia cosa significhi essere prossimi nella distanza.