«Se si infrange il diritto dell’uomo alla vita nel momento in cui egli comincia ad essere concepito nel seno materno, si colpisce indirettamente anche tutto l’ordine morale che serve ad assicurare gli inviolabili beni dell’uomo. La vita occupa tra essi il primo posto». Si espresse così Karol Wojtyla, otto mesi dopo l’elezione al Soglio Pontificio, nel primo pellegrinaggio apostolico compiuto nella sua Polonia. Era l’8 giugno 1979, il giorno dopo essere tornato nella città in cui nacque.

Oggi quelle parole, espresse in quel contesto geografico, assumono un’intensità ancora più forte. Un libro uscito qualche anno fa ha, infatti, rivelato che nel 1919 il ginecologo di Wadowice, quando seppe che Emilia, la moglie del sottufficiale Karol Wojtyla, era in attesa del terzo figlio, in considerazione delle precarie condizioni di salute della donna, le consigliò di abortire per salvare la propria vita. Se Emilia e suo marito, pur consapevoli dei rischi, non avessero deciso diversamente, oggi la Chiesa non avrebbe potuto commemorare il centenario della nascita del Papa che l’ha traghettata dal secondo al terzo millennio e di uno dei più popolari santi della sua storia recente. Forse anche per questo, il 7 maggio 2020, nella chiesa parrocchiale di Wadowice, si è svolta la prima sessione con sui è stata aperta ufficialmente l’inchiesta cognizionale diocesana della Causa di beatificazione e canonizzazione dei coniugi Wojtyla.
Giovanni Paolo II è tornato sull’argomento qualche mese dopo, il 7 ottobre 1979, a Washington, capitale politica degli Stati Uniti, ma idealmente del pensiero occidentale, e numerose altre volte nel corso del suo lungo pontificato.
Le riflessioni di tali interventi confluirono ed ebbero una formulazione articolata e completa nell’enciclica Evangeliumvitae, promulgata nel 1995, in cui affermò con chiarezza: «Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile». E, nello stesso documento, Giovanni Paolo II denunciò: «L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male», per poi ribadire: «L’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza».