Il laboratorio di ostie nel carcere di Milano è diventato esempio di riscatto e speranza nel mondo.
“Il senso del Pane”. Si chiama così il laboratorio di ostie nato nella Casa di reclusione Opera a Milano. Cristiano, Mattia e Vincenzo. In comune hanno: un grave reato commesso, una pena da scontare, un percorso di conversione e pentimento, una dignità da ritrovare. Ogni giorno per qualche ora, si chiudono alle spalle la porta della cella e si recano nel laboratorio per dare un senso alla loro giornata. Preparano centinaia di ostie, che saranno donate a chiese e parrocchie e che diventeranno il corpo di Cristo.
«Un progetto che nasce dall’esigenza profonda di comunicare la reale presenza di Gesù nell’Eucarestia». Parole cariche di significato quelle di Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione Casa delle arti e dello Spirito e ideatore dei laboratori eucaristici. Un progetto nato nel 2016, durante l’Anno straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco, grazie alla generosità di numerosi donatori. «Fondamentale è stato per noi il supporto economico per la realizzazione del progetto. Però è ancora più importante sottolineare che è stato affidato a due santi: Padre Pio da Pietrelcina e Maria Teresa di Calcutta. All’inizio qui – Arnoldo indica l’attuale laboratorio – non c’era nulla. Dovevamo fare tutto. Ricordo che entrai con le immaginette dei due santi tra le mani. Le attaccai su questa parete dietro di me e affidando completamente a loro il progetto. Pronunciai esattamente queste parole: se volete che portiamo un messaggio sull’importanza dell’Eucarestia, pensateci voi”».

Tante le storie di vita che si sono incrociate tra le mura del carcere di Milano. C’è quella di Cristiano. Per cinque anni responsabile di produzione del laboratorio. Da maggio, grazie all’art.21 (legge sull’ordinamento penitenziario che permette ai detenuti di lavorare all’esterno), Cristiano lavora come cuoco in una casa famiglia della Fondazione Archè, in cui trovano rifugio mamme e bambini vittime di violenza e disagio. E presto nella stessa casa di accoglienza, nascerà un nuovo laboratorio di ostie, in cui le donne ospiti della struttura, grazie all’esperienza di Cristiano, impareranno a preparare le ostie.
Mattia, 23 anni. Una laurea in economia conseguita in carcere. «Ho le mie colpe, sì ho le mie colpe – racconta – Sono entrato qui che avevo 18 anni. Ero un bambino. Sono stato costretto a crescere. I primi anni tra queste mura sono state difficili. Ero arrabbiato con Dio. Mi chiedevo: perché mi ha fatto sbagliare? Poi ho capito che facciamo tutti parte di un progetto e siamo liberi di scegliere quello che vorremmo fare. I miei fallimenti, i successi nello studio fanno parte di un disegno che Dio ha fatto su di me. Il tempo che ancora sono obbligato a trascorrere qui voglio impiegarlo al meglio. Voglio dimostrare di non essere più la persona di una volta. Oggi ho una missione: trasmettere l’amore misericordioso del Signore attraverso le ostie che produciamo con un messaggio: Dio non ci abbandona, siamo tutti dei puntini che formano il suo disegno».
Le ostie sono preparate con acqua e farina di frumento, gli stessi del pane azzimo. L’impasto poi viene cotto in particolari stampi in ghisa. Pochi minuti e la cialda, che al suo interno raggruppa diverse particole, è pronta per essere divisa attraverso un’apposita macchina. Le ostie poi vengono confezionate in buste di plastica e sigillate. Pronte per essere spedite alle parrocchie e diocesi che ne fanno richiesta.
Nel 2019, il progetto “Il senso del Pane” ha varcato le mura del carcere di Opera per approdare in luoghi e realtà che hanno bisogno di un segno forte di speranza.
Nel laboratorio eucaristico di Buenos Aires vi lavorano giovani che hanno alle spalle un passato di dipendenze. A Pompei, nella casa famiglia della Comunità di don Oreste Benzi e a Betlemme, a produrre le ostie ci sono persone con disabilità fisica e psichica. In Etiopia, nella Bosco Children House del salesiano don Angelo Regazzo, sono gli ex ragazzi di strada a produrre le ostie. A Milano ragazze madri segnate da sofferenza, violenza e maltrattamenti. A Barcellona persone che hanno scontato la loro pena e che vengono seguite nel loro percorso di rinserimento nella società. Nella casa della misericordia di padre Antonio Perretta, nella diocesi di Maputo, in Mozambico, lavorano all’interno dei laboratori detenuti ed ex detenute. In Sri Lanka vi lavorano giovani vedove e ragazze in stato di assoluta povertà.
La Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti collabora con ciascuna di queste realtà per assicurare ad ogni persona coinvolta nel laboratorio eucaristico, un progetto per un futuro di dignità e autonomia. Ad oggi sono 4 milioni le ostie prodotte artigianalmente nei numerosi laboratori in Italia e nel mondo e oltre 500 le realtà religiose, tra diocesi, congregazioni, parrocchie e monasteri, che hanno ricevuto e continuano a ricevere in dono le ostie. Ai sacerdoti che le ricevono viene chiesta solo una cosa: di raccontare da dove provengono le ostie e quella delle persone, gli ultimi, gli emarginati, i detenuti, che le hanno prodotte.
«Il progetto è sostenuto dalla Provvidenza che lo protegge e lo fa crescere – spiega Arnoldo Mosca Mondadori – a breve sorgeranno nuovi laboratori in Olanda, Zambia e in una delle terre più povere e martoriate del Medio Oriente, nella parrocchia della Santa Famiglia di Gaza nascerà un laboratorio eucaristico. Grazie alla collaborazione di padre Gabriel Romanelli e della sua comunità. Sono le mani degli ultimi a produrre e donare il pane che poi sarà consacrato».
«Perché il bene vive anche dentro un carcere» (Vincenzo, detenuto nel carcere di Opera)