In Nigeria poche ore fa Amina Lawal è stata prosciolta dall’accusa di adulterio per avere generato fuori dal matrimonio la piccola Wasila.
Fin dal giorno della condanna(8 marzo 2002), la Comunità di Sant’Egidio si è mobilitata insieme con altri, come l’associazione Amnesty International, per fermare questa esecuzione capitale che rilanciava un orrore appena evitato per Safiya Husseini, la donna nigeriana il cui caso era stato portato all’attenzione del mondo proprio dalla Comunità di Sant’Egidio.
Questo il commento alla sentenza odierna: “La Comunità di Sant’Egidio è estremamente soddisfatta della fine di un incubo che rischiava di togliere la vita a una donna vittima di violenza sessuale.
Tutto ciò grazie al lavoro di avvocati come la giurista indiana Sona Kahn(in collegamento con la Comunità) e di Hauwa Ibrahim, che ha svolto in loco la difesa di Amina.
Le loro argomentazioni sono state accolte dalla Corte che ha ribaltato la condanna capitale emessa un anno fa, permettendo ad Amina Lawal di ritrattare la confessione resa inizialmente sotto le pressioni sociali e senza nessuna tutela legale, di fronte alla prima Corte Islamica che aveva esaminato il caso.
L’assoluzione di Amina Lawal –conclude la nota di Sant’Egidio- è un passo importante, ma la lotta contro la pena di morte continua con la mobilitazione in vista della giornata mondiale contro la pena di morte, e la Giornata internazionale Città contro la pena di Morte del 30 novembre, che collegherà in questa battaglia decine di città di tutto il mondo, da Roma a Buenos Aires, da Santiago del Cile a New York”.
Purtroppo anche oggi la notizia dell’assoluzione di Amina Lawal si accompagna a una nuova sentenza capitale nello stato di Bauchi, nel Nord della Nigeria: una condanna a morte per lapidazione emessa ai danni del giovane Jibrin Babaji, accusato di aver dormito con tre ragazzi.