30 gennaio
Clarice Marescotti, figlia del principe Marcantonio Marescotti, da ragazza sognava un marito e una vita degna del suo lignaggio. Non è lei, però, a realizzare il sogno tanto atteso ma la sorella Ortensia, la più giovane. Il padre, nel 1605 la fa entrare nel monastero di San Bernardino a Viterbo, dalle Clarisse, dove c’era già sua sorella Ginevra. Prende il nome di Giacinta ma non sceglie la vita monastica, diviene Terziaria Francescana. Per diverso tempo vivrà di “vanità e sciocchezze”.

Dopo una sua grave malattia e alcuni lutti in famiglia, Giacinta cambia. Incominceranno per lei ventiquattro anni straordinari e durissimi, in povertà totale. Dalle sue due belle camerette ben arredate, passa ad una cella trascurata per vivere di privazioni. Converte personaggi che l’aiuteranno con gli ammalati e i poveri. Per questo organizza istituti assistenziali come quello detto dei “Sacconi”, così chiamati dal sacco che i confratelli indossano nel loro servizio, che aiutano poveri, malati e detenuti. Il monastero, nel quale entrò arrabbiata e delusa per non aver ottenuto ciò che desiderava, divenne per lei il luogo in cui poter realizzare pienamente il suo nuovo sogno: catechizzare all’amore di Gesù e all’adorazione per il sacramento eucaristico. Contrastava, così, la filosofia del tempo, il giansenismo, che affermava che solo i predestinati da Dio potevano salvarsi perché l’uomo, di per sé, è incline al male ed è da esso trascinato.
Dopo la sua morte tutta Viterbo accorse ai piedi della sua salma e tutti se ne ritornavano con un pezzettino del suo abito che, per questo motivo, venne cambiato per tre volte.
A Viterbo resterà nella chiesa del monastero delle Clarisse. La sua canonizzazione sarà celebrata da Pio VII nel 1807.