Aveva 43 anni il ministro cristiano Shahbaz Bhatti, quando 10 anni fa, il 2 marzo 2011, venne ucciso nella capitale pakistana Islamabad, a causa del suo impegno nella difesa della libertà religiosa di tutte le minoranze.
Il suo esempio ed il ricordo del suo martirio risuonano anche a Roma, in Santa Maria in Trastevere, su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, con cui Bhatti collaborava per promuovere il dialogo tra le religioni nel suo Paese.
La sua Bibbia è custodita nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, tra le reliquie dei Martiri del XX e XXI secolo, donata alla Comunità dal fratello Paul Bhatti poche settimane dopo l’assassinio.

A guidare la preghiera il presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, monsignor Ambrogio Spreafico.
In Pakistan la minoranza cristiana equivale al 2% della popolazione, circa 4 milioni di persone. Sant’Egidio è presente, oltreché nella capitale Islamabad, in altre località del Paese, tra cui le città di Lahore, Karachi, Faisalabad, Sargodha.

Shahbaz Bhatti fondò il Fronte di liberazione cristiano del Pakistan; eletto all’unanimità come presidente dell’APMA(Alleanza di tutte le minoranze pakistane), entrò in politica nel 2008, quando, per la prima volta, venne creato dal Governo federale il Ministero per gli affari delle minoranze, di cui assunse l’incarico. Durante il suo mandato riuscì a far approvare la riserva di quattro seggi in Senato per le minoranze.
Le sue battaglie non erano dedicate solo a proteggere i cristiani, ma tutti coloro che subiscono ingiustizie ed atti di terrorismo a causa del proprio credo. Minacciato di morte, continuò nel suo impegno per la riforma delle leggi sulla blasfemia, tristemente note in tutto il mondo dopo la condanna a morte, nel 2010, di Asia Bibi.
Venne ucciso ad Islamabad la mattina del 2 marzo 2011, mentre si recava a lavoro. Poco tempo prima aveva registrato un video in cui affermava: “Io credo in Gesù Cristo, che ha dato la sua vita per noi, e io sono pronto a morire. Vivo per la mia comunità … e morirò per difendere i loro diritti”.
Nel marzo 2016, cinque anni dopo la sua morte, è stata formalmente aperta dalla diocesi cattolica di Islamabad-Rawalpindi la causa di beatificazione.
