In trasferta per la prima volta. Il tradizionale appuntamento romano promosso in occasione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei(in questa XXXII edizione spostato al 21 gennaio), ha luogo nella sede del Museo ebraico di Roma, anziché come di consueto presso la Pontificia università lateranense.
Il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma rav Riccardo Di Segni, il cardinale José Tolentino de Mendonça, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, introdotti dal cardinale vicario Angelo De Donatis, dialogano sul libro del Qohelet delle cinque Meghil-lot, testo biblico che si presta in maniera particolare a una riflessione comune sui temi del dolore, della vita e della morte.

“Per anni, oggetto del dialogo è stato il Decalogo, inteso secondo la versione ebraica – ricorda rav Di Segni -Quest’anno abbiamo le riflessioni di un re anziano, identificato con Salomone, che ragiona con distacco sul senso della vita, sulle vanità del mondo e sulla caducità umana. In questo particolare momento di pandemia, ci induce a una comune riflessione sulla fragilità umana”.

Il dialogo ebraico-cristiano da decenni ha scritto pagine di storia, come il Concilio Vaticano II o le visite di tre diversi papi in sinagoga, a partire da Giovanni Paolo II nel 1986. “Sono stati compiuti grandi passi avanti dal punto di vista dottrinale, ma molti aspetti restano ancora inesplorati – ha aggiunto rav Di Segni – Il senso di queste iniziative è dimostrare concretamente e reciprocamente la presenza di una ricchezza di tradizioni, di esegesi, di spiritualità, spesso nota solo a pochi addetti ai lavori. In Italia gran parte della popolazione rispetto all’ebraismo ha nozioni elementari se non errate: queste iniziative permettono di dare notizia dell’esistenza e dell’importanza della nostra tradizione”.

«Che questa Giornata di incontro avvenga nel cuore della comunità ebraica romana – sottolinea monsignor Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti – è un segno di accoglienza di cui siamo grati».
