Questa mattina, all’età di 89 anni, nel suo paese di origine, ha terminato il suo cammino terreno monsignor Antonio Santucci, per venti anni vescovo di Trivento (in provincia di Campobasso).
Nato a Magliano de’ Marsi (in provincia de L’Aquila) il 30 ottobre 1928, ha avvertito la chiamata al sacerdozio all’età di sei anni. Era il 16 dicembre 1934. Quel giorno era morto il parroco del suo paese e il piccolo Antonio fu portato da sua madre a rendere omaggio alla salma del sacerdote, composta con i paramenti sacri e con il calice tra le mani. A quel punto il bambino avvertì una voce interiore che gli diceva: «Sarai come lui». Ha risposto con generosità a quella vocazione, anche grazie ai genitori e ai fratelli che lo hanno sostenuto nel cammino formativo, prima nel seminario diocesano di Avezzano, iniziato dopo le scuole elementari, e poi in quello regionale di Chieti.
Dopo un brillante corso di studi, il primo luglio nel 1951 è stato ordinato sacerdote e, riscuotendo stima e fiducia da parte dei vescovi e degli altri sacerdoti della diocesi, è stato chiamato a ricoprire diversi incarichi, svolti con serietà, competenza e dedizione esemplare. Ha cominciato come vice rettore e rettore del Seminario Diocesano, poi è divenuto vice assistente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, quindi esaminatore e giudice sinodale, delegato per l’Ecumenismo, presidente della Commissione liturgica, direttore dell’Unione Apostolica del Clero, insegnante di Religione nelle scuole statali, membro eletto del Consiglio Presbiterale, revisore dei conti e componente del Consiglio amministrativo, parroco di Carsoli, vicario foraneo, vicario generale, fino alla nomina a vescovo di Trivento, la diocesi più antica del Molise, avvenuta l’8 maggio 1985.
Ricevuta la pienezza del sacerdozio il 22 giugno nella Cattedrale di Avezzano, per l’imposizione delle mani del cardinal Bernardin Gantin, ha fatto il suo ingresso in diocesi dando inizio al suo triplice ministero di insegnare, santificare e governare, ponendo Cristo al centro della sua spiritualità e della sua azione pastorale, confidando nella materna protezione di Maria e vedendo nel Papa il suo punto di riferimento sicuro, così da realizzare fedelmente il suo motto episcopale d’ispirazione paolina: “CARITAS CHRISTI URGET NOS”.
Da vescovo mons. Santucci ha ordinato una ventina di nuovi sacerdoti, ha stimolato e sollecitato continuamente i vari uffici pastorali a raccogliere le sfide e le attese delle nuove generazioni. Con interventi paterni e con articoli di stampa ha fatto da pungolo ai politici affinché si spendessero per le aree interne e mettessero il bene comune al primo posto nei propri programmi elettorali e amministrativi. Ha dato mandato all’economo diocesano e allo staff tecnico di restaurare molte chiese e ha fatto costruire numerose case canoniche. Presso il Santuario diocesano della Madonna di Canneto, a lui tanto caro, ha fatto costruire e ha poi inaugurato la “Grande Tenda del Convegno”, la “Piccola Tenda del perdono” e il “Percorso di preghiera dei venti Misteri del Rosario”. I tanti frutti copiosi dell’impegno tenace e paterno del suo ministero episcopale hanno ricevuto il suggello più splendido il 19 marzo 1995 quando, in una giornata storica, accolse la seconda visita in Molise del Santo Padre, Giovanni Paolo II. Numerosi, infine, i suoi interventi sulla stampa religiosa per precisazioni di ordine etico, morale e dottrinale.
Dopo il compimento del settantacinquesimo compleanno è rimasto in Diocesi come amministratore fino al 18 dicembre 2005. Quando è stato libero da ogni incarico, si è trasferito a San Giovanni Rotondo, presso l’infermeria provinciale dei frati cappuccini, mettendosi a disposizione dei fedeli per il ministero della Riconciliazione sacramentale. Nella città garganica mons. Santucci ha voluto approfondire la sua conoscenza della vita e della spiritualità di Padre Pio e ha maturato la scelta di diventare terziario francescano.
Negli ultimi anni il peggiorare delle sue condizioni di salute lo hanno costretto a ripetuti e talvolta lunghi ritorni nella sua terra di origine, per essere assistito dai familiari.

Il vescovo emerito di Trivento è stato, tra l’altro, il protagonista di uno dei diversi “fuori programma” della visita di Papa Francesco a San Giovanni Rotondo del 17 marzo scorso. Tra i cappuccini in fila nel santuario di Santa Maria delle Grazie per il saluto al Pontefice c’era anche il cappellano dell’infermeria provinciale, fr. Gregorio, che gli ha proposto: «Qui da noi è ricoverato un vescovo, che ha la febbre. Avrebbe tanto voluto salutarla ma non può alzarsi dal letto. Perché non viene a trovarlo?». Francesco non ha risposto. Ha continuato a salutare i frati ed è giunto a stringere le mani di alcuni più anziani. «Sono ricoverati nella nostra infermeria», gli ha detto fr. Maurizio, il ministro provinciale. non se l’è fatto ripetere e ha chiesto di essere accompagnato nella stanza di mons. Antonio Santucci, lo ha benedetto e gli ha chiesto: «Preghi per me». E l’anziano vescovo gli ha promesso: «Offro le mie sofferenze per lei e per il suo delicato ministero».
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