Il cardinale Bertone domani presiederà il trigesimo di Mons. Michele Castoro
Alla vigilia della Celebrazione Eucaristica del trigesimo di Mons. Michele Castoro, che sarà trasmessa, da Padre Pio Tv, in diretta dal Duomo di Manfredonia, alle 18,30, vogliamo proporvi l’articolo di Stefano Campanella pubblicato sul numero di Giugno della rivista Voce di Padre Pio, dedicato all’arcivescovo. Padre Pio tv comincerà la diretta televisiva alle 18.
Pastore fino all’ultimo istante
L’edificante distacco dalla vita terrena dell’arcivescovo Michele Castoro. Durante la Messa delle esequie, il card. Parolin ha espresso il cordoglio di Papa Francesco.
di Stefano Campanella
Ha terminato il suo cammino terreno nella “Casa Sollievo della Sofferenza”, di cui era presidente, nel giorno in cui ricorreva il sessantaduesimo anniversario della sua inaugurazione.
L’accertamento di morte è terminato alla stessa ora di quello di Padre Pio, che ripeteva spesso: «Chi combina le combinazioni?». Dopo aver combattuto con tutte le sue forze contro un cancro molto aggressivo, mons. Michele Castoro aveva trovato il vigore e l’entusiasmo, il 17 marzo scorso, di accogliere e di accompagnare Papa Francesco nella visita pastorale a San Giovanni Rotondo e, successivamente, di presiedere in cattedrale la Messa crismale nel pomeriggio del mercoledì santo e quella solenne del giorno di Pasqua.
Era quello che sperava, comunque pronto ad accettare la volontà del Signore. E il Signore
gli ha fatto compiere l’ultimo e più sofferto tratto della sua personale salita al Calvario dal 4 aprile, giorno in cui il significativo e progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute hanno reso necessario il ricovero nel reparto di oncologia, dove la malattia lo ha inchiodato sul letto.
Il suo letto divenuto la sua croce
Un letto divenuto la sua croce, ma anche la sua nuova cattedra di pastore. Qui, nonostante l’evidente stato di sofferenza, ha accolto sempre tutti coloro che hanno voluto esprimergli affetto e vicinanza, edificandoli con le sue espressioni cariche di una speranza così grande da sembrare certezza. Non a caso, nel pubblico saluto al termine della Messa esequiale, la nipote Marta, rivolgendosi allo zio defunto, gli ha detto: «Quanti venivano da te per darti conforto andavano via rinvigoriti dalla tua forza, dalla tua serenità e dalla tua fede».
L’ultima telefonata di Papa Francesco

Ne ha fatto esperienza anche – ma non solo – chi scrive, soprattutto nell’ultimo e prolungato colloquio in quella stanza in cui ogni giorno si celebrava l’Eucaristia. «Sono pronto – mi ha detto il 17 aprile – ieri mattina è venuto padre Carlo e ho fatto la confessione generale. Ora sono pronto all’incontro con il Signore risorto. Se ripenso alla mia vita, devo solo dire “grazie” per tutto ciò che Egli mi ha concesso». Poi mi ha reso partecipe di una confidenza: «Ieri mattina mi ha chiamato Papa Francesco. Mi ha detto: “Ce la dobbiamo fare”. Poi mi ha ringraziato nuovamente per la sua
visita a San Giovanni Rotondo e mi ha ripetuto che non la dimenticherà mai».
È stata la seconda e ultima telefonata di incoraggiamento del Pontefice, dopo quella del 24 aprile dello scorso anno, quando mons. Castoro dopo aver ascoltato la benedizione del Santo Padre, gli promise: «Offro la mia sofferenza per il suo ministero e per la nostra Diocesi». La situazione è precipitata nel pomeriggio del 4 maggio.
Voglio un gruppo di frati attorno a me

Con lui, accanto a lui, alle 18 hanno concelebrato: don Stefano Mazzone, vicario generale dell’Arcidiocesi; don Luigi Carbone, suo segretario; don Salvatore Miscio, responsabile della pastorale giovanile, e fr. Francesco Dileo, rettore del Santuario di San Giovanni Rotondo.
Dopo la Messa, costatando l’ulteriore aggravamento delle condizioni di mons. Castoro, fr. Francesco ha attuato un desiderio espressogli alcuni giorni prima: «Voglio morire di giorno, quando c’è la luce e ascoltando la Parola di Dio e voglio intorno a me un gruppo di frati che intonino l’Alleluia. Tu devi prenderti questo impegno».
L’ultima benedizione
Mentre il Rettore cominciava a leggere alcuni brani del Cantico dei cantici, sono giunti fr. Nicola, fr. Pasquale, fr. Giovanni, fr. Antonio e il guardiano del convento, fr. Carlo Laborde. Sono arrivati anche altri due sacerdoti diocesani, don Alessandro Rocchetti e don Vincenzo D’Arenzo. Per alcuni minuti il Pastore diocesano è rimasto da solo con i suoi ministri ordinati, che hanno pregato e cantato l’Alleluia, l’Alma Redemptoris Mater e l’inno del Seminario Romano. Quindi don Stefano ha aiutato l’Arcivescovo ad alzare il braccio destro per impartire la benedizione. La sua ultima benedizione.
Alle 20, prima che si dissolvesse la luce del giorno, mons. Castoro ha cominciato la sua agonia, mentre alla preghiera dei sacerdoti e dei frati si associavano i suoi parenti, il primario del reparto Evaristo Maiello, la dottoressa Tiziana Latiano, gli infermieri in servizio e altri dipendenti dell’ospedale.
All’una e 50 i suoi occhi si sono aperti a contemplare l’orizzonte luminoso della vita eterna. «Quella vita beata ed incessante che oso sperare dalla misericordia di Dio e che ho desiderato lungo tutto il cammino dei miei giorni». Così ha scritto, nel suo “Testamento spirituale”, il lunedì dell’Angelo, due giorni prima del suo ricovero in ospedale.
Dopo l’accertamento clinico del decesso, terminato alle 2,25, l’Arcivescovo è stato rivestito dei paramenti liturgici ed è stato adagiato in una bara di legno chiaro, con mitria e pastorale, nella cappella grande, al terzo piano dell’ospedale, dove è rimasto per l’intera mattinata del 5 maggio.
I funerali a San Giovanni Rotondo
Nel pomeriggio è stata allestita la camera ardente nella sua cattedrale, a Manfredonia.
I solenni funerali si sono svolti nella chiesa di San Pio da Pietrelcina, in San Giovanni Rotondo, alle ore 16 del giorno 7, presieduti dal segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, che durante l’omelia ha rivelato: «Le testimonianze di chi l’ha avvicinato in questo periodo o l’ha accompagnato da vicino nella sua tribolazione sono unanimi e piene di ammirazione: il suo volto, sempre amabile e sorridente, continuava ad emanare abbandono in Dio, serenità, pace. Per tutti aveva parole di ringraziamento e di benedizione. Dava prova di grande generosità e solidarietà». Quindi il porporato ha annunciato che anche «il Santo Padre, da parte sua, ha voluto rendersi nuovamente presente in questa dolorosa circostanza, tramite la mia persona, e mi ha incaricato espressamente di esprimere il suo dolore per la scomparsa di mons. Castoro e la sua vicinanza spirituale a quanti lo piangono».
L’omelia si è conclusa con un auspicio: «Ci affidiamo alla sua preghiera affinché la stessa fede, lo stesso amore e le virtù che tanto fatto stimare e amare in tutti gli ambienti dove è passato, siano in noi e crescano in noi, come singoli e come comunità civile e religiosa».
L’ultima Messa ad Altamura
Su disposizione del defunto, l’ultima Messa prima della tumulazione si è svolta nella cattedrale di Altamura, che è stata la sua parrocchia e dove ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale. Lo ha rivelato il vescovo del luogo, mons. Giovanni Ricchiuti, sottolineando anche un’altra coincidenza: «Mons. Castoro è morto nel giorno della solennità di sant’Irene, patrona di Altamura». La celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Bari, mons. Francesco Cacucci, presidente della Conferenza Episcopale Pugliese, che ha tessuto l’ultimo elogio del confratello deceduto: «Lui ha vissuto come agnello del Signore. Come agnello immolato. È l’esperienza di ogni agnello chiamato ad essere pastore». Come Gesù.
Dalle disposizioni testamentarie
«Ho chiesto ai medici di Casa Sollievo di valutare se, alla mia morte, qualche organo del mio corpo fosse ancora integro, di operare l’espianto e di donarlo a chi ha bisogno. Spero che sia stato possibile farlo. Gradirei che il mio corpo venga deposto nella nuda terra, tra la gente comune. Se il vescovo di Altamura con i miei familiari decideranno diversamente, non mi oppongo. Sulla mia tomba ci sia una semplice croce, con nome e cognome, vescovo, data di nascita e di morte».
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