Da oggi a sabato 3 Parigi ospita il Congresso Mondiale contro la Pena di Morte, organizzato dalla Coalizione promossa nel 2002 da Comunità di Sant’Egidio, Amnesty International, Ensemble contre la Pein de Mort, e International Penal Reform.
La Comunità di Sant’Egidio, impegnata nella difesa e promozione dei diritti umani nel mondo, negli ultimi anni ha concentrato parte del suo impegno a livello internazionale nella lotta alla pena capitale: il suo Appello per una moratoria universale, che unisce personalità laiche e religiose di tutte le grandi culture e religioni mondiali, ha raccolto oltre 5 milioni di adesioni in 150 Paesi.
Intanto proprio oggi il Parlamento Europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione per la moratoria universale immediata e senza condizioni.
Mario Marazziti, tenendo la relazione di apertura del Congresso, ha dichiarato tra l’altro:
“E’ tempo per una grande iniziativa mondiale per una moratoria universale. Lo chiediamo ai Governi e a tutti voi qui oggi impegnati. Una moratoria universale delle esecuzioni va introdotta al più presto, verso l’abolizione totale. E’ una grande offerta, un ponte con il mondo arabo islamico, è una chance per i paesi democratici che cercano una via d’uscita e sono alle prese con le contraddizioni di un sistema giudiziario che non può essere perfetto, mai. Il 2007, anche se non ce ne siamo accorti, è un anno storico. E’ l’anno in cui più di metà della popolazione del mondo ha cominciato a vivere nelle città. Nasce da questa intuizione l’iniziativa mondiale delle Città per la Vita, le Città contro la Pena di Morte. Dal 2002, il 30 novembre, data anniversario della prima abolizione della pena capitale da parte di uno stato, il Granducato di Toscana, ogni città che aderisce trasforma il suo monumento principale in un grande testimone vivente contro la pena di morte. In soli 4 anni, da poche città siamo oggi a 600 città del mondo e saranno 1000 nel 2007.
La pena di morte è una scorciatoia militare per questioni sociali che non si sanno affrontare. E parla sempre ai bassi istinti dell’uomo. Fondarne il rifiuto o la necessità sui sondaggi di opinione pubblica è in linea con una storia di pogrom e linciaggi, abbassa il ruolo dei Parlamenti e affonda leadership, umanesimo e democrazie a populismo plebiscitario.
Si dice di combattere la morte ma in realtà la si legittima al livello più alto, quello dello Stato. Cresce così una cultura di morte.
Non possiamo accettare che i diritti umani dipendano dalla geografia. Non è solo che se si nasce in Asia è più facile essere giustiziati che in altri continenti. Ma avviene all’interno degli stessi paesi. Lo sappiamo, negli stessi Usa metà delle esecuzioni è concentrata in Texas e metà di queste nella sola contea di Harris. C’è una dose di tortura mentale che è ineliminabile perché si muore mentalmente dieci, cento, mille volte.
La schiavitù e la tortura sono oggi ritenute barbare. Abbiamo un nuovo diritto umano da regalare al mondo per questo Terzo Millennio. Non c’è giustizia senza vita.
L’Europa è il primo continente al mondo senza la pena di morte. E’ il continente che ha sperimentato troppa morte sulla sua terra, due guerre mondiali, la Shoah, e che si è ripensato faticosamente senza guerra offensiva e senza pena di morte. Cultura laica e radici ebraico-cristiane si sono incontrati in una sintesi che conosce la riabilitazione come dimensione fondamentale della giustizia.
Per vincere questa battaglia occorre creare un grande fronte mondiale oltre i confini europei. La sfida diplomatica e culturale dei prossimi mesi, Italia e Francia per prime, deve avere per obiettivo una risoluzione presentata non solo dall’Ue, ma da paesi-chiave del Sud del mondo: tra gli altri, Sudafrica, Mozambico, Senegal, Liberia, Brasile, Messico, Cile, Cambogia, Filippine e non è impossibile pensare anche a Tunisia, Marocco, Algeria, Taiwan, abolizionisti de facto. Lavoriamo insieme. Ce la faremo”.