“Frate Cesare affermava che le ali servono a poco se poi non c’è il soffio di Dio che le sostiene”
Ha esordito con queste parole Don Flavio Peloso, postulatore della causa di Beatificazione di Cesare Pisano conosciuto come frate Ave Maria, eremita della famiglia religiosa fondata dal beato Luigi Orione, morto il 21 gennaio 1964, di cui è in corso la causa di beatificazione.
“Cesare Pisano poteva essere un ragazzo come tutti gli altri – continua don Flavio – ma purtroppo perse la vista a dodici anni. Fu un tragico incidente: un compagno di gioco gli sparò sul viso con un fucile creduto scarico. Tanti tentativi…il dramma…ma poi arriva la certezza: resterà cieco per tutta la vita!
Il ragazzo cadde nella più profonda oscurità e non solo per quanto riguarda la vista, ma anche per tutta la sua giovinezza. Più tardi in uno dei scritti dirà: Con la vista,poco a poco,perdetti anche la pace e la fede.
L’incontro con don Orione e le sue parole: Se ti consacri, la tua vita non sarà più così buia, noiosa e tetra…ma vedrai la luce e sari felice, segnò la sua conversione. Cesare divenne frate eremita e trascorse la sua vita nell’eremo di Sant’Alberto di Butrio, in provincia di Pavia, dal 1923 fino alla sua morte.
A lui ricorrevano in tanti per chiedere consiglio e trovare conforto nei momenti difficili: noti esponenti della Chiesa e della società.
Siamo venuti a conoscenza che anche Pier Paolo Pasolini, il noto regista, ha voluto incontrare il frate con il saio grigio e il cordone bianco al fianco, quando stava per comporre il suo film: Il Vangelo secondo Matteo”.
Ancora oggi gli Eremiti della Divina Provvidenza sono riuniti dove visse il frate, meta spirituale e artistica. Dopo la sua morte, la venerazione per frate Ave Maria si e manifestata come fama di santità presso il luogo dove trascorse quasi quarant’anni della sua esistenza, e che ripercorrono il suo insegnamento: Niente è inutile, tranne quello che si fa senza amore di Dio e del prossimo.
“ Queste parole – conclude don Flavio – racchiudono il messaggio di frate Ave Maria.
Un messaggio che appare in tutta la sua evidenza e anche capacità di convinzione proprio perché portato da una persona che aveva tutti gli elementi per non essere felice. Elementi umanamente ritenuti utili per essere felici: la salute, la ricchezza, la propria autonomia, l’efficacia…
In fondo lui viveva in un eremo poverissimo, dove non c’era niente…ma c’era il respiro di Dio che è essenziale perché allarga gli orizzonti dell’anima.
Ha saputo dare concretamente una testimonianza attraverso il crogiuolo di tutta una vita mostrando da una parte la sofferenza, dall’altra una sofferenza animata dall’amore che l’ho ha portato all’incontro con il Signore. In altre parole, la croce non è mai una disgrazia e si può essere felici se si incontra il Signore”.