In centomila per l’ultimo saluto a Padre Pio
Giovedì 26 settembre 1968, alle ore 15.30, s’avviò il corteo funebre, che vide sfilare centomila persone per un percorso di quasi otto chilometri, mentre dall’alto elicotteri dell’aviazione e della polizia gettavano fiori.
Dal convento, il corteo – sacerdoti, religiosi, cappuccini in numero straordinario con i loro superiori generale e provinciale, suore, autorità, rappresentanze del governo, i nipoti Pia Forgione ed Ettoruccio (figlio di Felicita, sorella di Padre Pio, morta di spagnola nel 1918), popolo e popolo a non finire, molti pietrelcinesi – accompagnò la bara, collocata su camioncino, per le vie principali di S. Giovanni Rotondo.

Ore 15.42, la salma uscì dalla chiesa di S. Maria delle Grazie. Fu accolta da un applauso. Fu l’ultimo battimani al Frate meraviglioso per virtù e per stimmate. Un applauso che suonava «grazie!».
Padre Pio, il rinchiuso per cinquantadue anni nel convento dei Cappuccini, percorreva le vie della sua città, salutando il popolo, salutando nel cimitero i genitori e tante persone care che l’avevano preceduto.
Intanto, dai balconi piovevano fiori e, al microfono, una voce – quella convinta e suadente del professore Enrico Medi – commentava i misteri del rosario, intrecciando insieme gaudi dolori glorie di Gesù e di Maria, vita spiritualità opere del Padre, che tutti sentivano più che mai vivo, presente, intercedente.
Più trionfo, che funerale. Tutta la folla sfociò sul piazzale, accalcandosi fin dove poté. Qui, la santa messa concelebrata dal Generale dei Cappuccini padre Clementino da Vlissingen con ventiquattro sacerdoti, assistita dai vescovi Giuseppe Lenotti di Foggia e Antonio Cunial di Lucera. Seguirono l’elogio funebre tenuto da padre Clemente da S. Maria in Punta, definitore generale e amministratore apostolico della provincia cappuccina di Foggia, altri discorsi, l’assoluzione alla salma impartita dal vescovo Antonio Cunial, amministratore apostolico di Manfredonia.
Dopo aver sostato dinanzi alla Casa Sollievo per l’ultimo saluto, la salma fu portata nella cripta, sottostante il presbiterio della nuova chiesa, che era stata benedetta – coincidenza imprevista – nel mattino del 22 settembre.
Alle ore 22.30 del 26 settembre, la salma fu tumulata.
Il giorno seguente, nel pomeriggio, la cripta venne aperta al pubblico. Attorno al blocco monolitico di trenta quintali in granito azzurro del Labrador, modellato a sarcofago49, sotto cui riposa il Padre – come sotto un altare – iniziò il pellegrinare di tanta gente, ancor oggi vivissimo.
Padre Pio da Pietrelcina, camminatore dai piedi feriti, finiva qui, nel silenzio di una cripta, a S. Giovanni Rotondo – come aveva implorato in una lettera del 12 agosto 1923 al podestà della città Francesco Morcaldi – «in un tranquillo cantuccio di questa terra», tra le rocce del Gargano.
Qui approdarono, dopo tumultuose vicende, le membra consunte di un uomo che aveva sentito nell’anima fuoco di amore per Iddio e per i fratelli, che aveva sentito nel corpo gocciolare il sangue.
Dopo 81 anni di vita, dopo 65 anni di vita cappuccina, dopo 58 anni di sacerdozio – donato tutto, senza riserve – dopo 50 anni di stimmate – che ne versarono del sangue – il sepolto nella cripta sembrava riassumere così la propria lunga missione sulla terra: «La messa è finita».
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