Sotto la croce si impara ad amare…
Padre Pio Capuano ha parlato di Santità, attraverso l’invocazione “San Pio, santo del terzo millennio”,
(ogni giovedì alle 8.45)
“Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Ts 4, 3): santificazione, che inizia col battesimo, ma richiede la nostra libera adesione. Da parte nostra, protezione e incremento di essa, tramite la parola di Dio, la preghiera, i sacramenti, soprattutto i due rinnovabili: la confessione e l’eucaristia, seguiti dalla carità operosa, perché “la fede, senza le opere, è morta” (Gc 2, 20).
Quest’impegno si richiede da tutti i cristiani, come ci suggerisce la Costituzione dogmatica su “La Chiesa”, la “Lumen gentium” del 21 novembre 1964, al n. 40: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (LG 40).
Padre Pio Capuano chi sono i santi?
Chi sono i santi? Rispondo che ci sono due categorie di santi: quelli canonizzati, (canon-is = fusto, bastone, canna, cioè cose diritte, per render retto il cammino) cioè diventati modelli e riconosciuti, ufficialmente, dalla Chiesa e quelli della santità quotidiana, comune, santità derivante dal sacramento del battesimo, come ci ricorda la L. G. al n. 40. Nella festa di tutti i santi, ricordiamo ambedue le categorie, quelli riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa e gli altri, che si trovano in paradiso, che sono piú delle stelle del cielo e della sabbia del mare.
I santi canonizzati non sono super uomini, ma persone come noi, che, però, si sono lasciati plasmare da Dio, rispondendo e seguendolo, con entusiasmo, umiltà, povertà di spirito e abbandono fiducioso e gioioso in lui “come un bambino in braccio a sua madre” (Ep. I, 800 = a p. Agostino, 15 agosto 1916 da Foggia).Come tutti gli altri uomini sono stati tentati, anzi maggiormente che gli altri uomini, come ci ricorda questo episodio di s. Bernardo da Chiaravalle. I monaci erano a pregare nel coro. S. Bernardo ebbe questa visione: sul coro vi era una schiera di diavoli, mentre sul paese, siamo a Chiaravalle in Francia, un solo diavoletto. Pensava tra sé: “Cosí cattivi sono i miei monaci?”. Dio, invece, sapete che cosa gli disse: “Bernardo, per far cadere i tuoi monaci ci vogliono schiere e schiere di diavoli, mentre per il paese ne basta uno solo!”. I santi, allora, sono tentati piú di noi, ma sono riusciti a superare le tentazioni, perché hanno accolto la parola di Dio e hanno creduto al suo amore. Hanno corrisposto e perseverato nel far fruttificare i talenti ricevuti (cf Mt 25, 14-30), aiutati in questo dallo Spirito santo. I carismi straordinari ricevuti, non sono serviti per santificarsi, ma per rendere piú credibili i loro messaggi, a gloria del Signore. I santi sono il capolavoro di Dio, in quanto è lui l’artista, che li ha plasmati. Sono la sua gioia, il suo sorriso, il suo compiacimento, perché hanno realizzato in se stessi il progetto, il desiderio e il disegno di Dio, che è quello della santità. Contemplare loro è ammirare Dio stesso, che ne è l’autore.
Come si è santificato padre Pio?
P. Pio non è nato santo, ma ha dovuto lottare per tutta la vita: “L’anima mia la voglio salvare a ogni costo”(Ep. I, 226 = a p. Benedetto Nardella, il 15 giugno 1911, da Pietrelcina).
Come e cosa fare per salvare l’anima?
I) Leggere-meditare-attuare la vita dei santi: P. Pio nelle vite dei santi, specialmente in quelle di s. Francesco e di s. Pio V, (vi sono delle reliquie di questo santo, nella chiesa di s. Anna a Pietrelcina) ha “letto” in maniera sempre piú mirabile, tangibile e concreta, la realtà del soprannaturale, del mistero di Dio. Essi non sono passati inosservati. Sono stati, per la sua formazione spirituale, come il granellino di senapa, che gettato nel suo cuore, è germogliato e si è sviluppato fino a raggiungere la grandezza di un albero (cf Mt 13, 31-32). Noi, invece? A noi la figura dei santi, spesso, sembra astratta e lontana, quasi fosse di un mondo che non ci appartiene. Poniamoci, allora, anche noi, l’interrogativo, attraverso il quale s. Agostino Aurelio ha posto in crisi la sua precedente esistenza, per viverne un’altra, fatta di santità, guardando all’esempio di tanti santi: “Si isti et istae, cur non ego?” (= Se questi e quelle si sono santificati, perché non lo posso fare anch’io?).
II) Lasciarsi lavorare da Dio: P. Pio, con l’abbandono libero, fiducioso e gioioso in Dio, si è lasciato lavorare da lui, che l’ha trasformato in un modello di santità, “stupendo, il mondo, con la sua vita” (Giov. Paolo II, 2-5-1999).
III) Sacrificarsi per gli altri: Egli si è sacrificato non solo per la propria salvezza, ma anche per quella di tutti gli altri “fratelli d’esilio”, come chiamava il suo prossimo. Questo duplice impegno, cioè il salvare la sua anima e quella degli altri, p. Pio l’ha vissuto in una maniera forte, intensa e costante. L’unica cosa che lo preoccupava era la salvezza delle anime. Per lui ogni uomo era anima e corpo, perciò per l’anima ha risposto alla “vocazione a corredimere” (Ep. I, 1068), come lo rassicurava p. Benedetto Nardella, il 27agosto 1918, scrivendo da S. Marco la Catola FG. Per questo scopo, già nel giorno della sua ordinazione sacerdotale, si offrí a Dio, con queste parole, che troviamo sull’immaginetta, donata in quell’occasione: “Gesú, con te io sia pel mondo, via, verità e vita, e per te sacerdote santo e vittima perfetta” (APP). Per il corpo, Casa sollievo, centri per bimbi inabili e anziani, centri di formazione per il lavoro, case varie, mercato per poveri…
Il terzo millennio aveva bisogno di questo gran santo, che è vissuto di cuore, d’accoglienza, di gratuità e di filiale gratitudine verso il Signore e i fratelli, perché esso è nato sotto il segno della paura, soprattutto dopo gli attentati alle torri gemelle di New York e a Madrid. Davanti alla sensibilità dei fratelli, p. Pio spesso ripeteva: “Cosa credi che io abbia il cuore di sasso? Io amo gli uomini come amo Dio!”. Per questo motivo Giovanni Paolo II, nell’omelia della beatificazione di P. Pio, il 2 maggio 1999, ha detto: “Questo umile frate cappuccino a) ha stupito il mondo con la sua vita, dedita alla preghiera e b) all’ascolto dei fratelli”.
Ascolto dei fratelli: Riporto solo un esempio. Una volta nell’aprile del 1958 gli si presentò una famiglia del Tavoliere pugliese: un padre, una madre con un figlio piccolo in braccio, che piangeva. “Padre, è da oltre sei mesi che non piove, se continua cosí, moriremo tutti di fame. Vedi, questo mio figlio piange, perché non abbiamo di che dargli da mangiare!”. P. Pio, commosso profondamente, li fece accomodare nella foresteria e fece portare loro da mangiare. Nel congedarli assicurò loro: “Andate! La Madonna vi farà la grazia!”. Subito, rivolto alla Madonna, disse: “Scusami, Mammina mia! E chi sono io che prometto a nome tuo?”. Di lí a un’ora, piovve miracolosamente e quell’anno il raccolto fu abbondantissimo.
Stupito il mondo: Il beato Giovanni Paolo II, il 2 maggio 1999, giorno della beatificazione di p. Pio, come riferivo, or ora: “Ha stupito il mondo con la sua vita”. A conferma di queste parole, difficilmente si può trovare una città o un paese nel mondo cattolico, dove non ci sia almeno una statua o un’immagine a lui dedicata. La fede di milioni e milioni di persone continua ad alimentarsi per mezzo suo, perché egli s’è distinto per la sua ricerca dell’incontro con Cristo sia come Dio che come Uomo. Egli ha cercato Gesú come Dio, con la preghiera continua e l’eucarestia. Come Uomo, l’ha servito nei fratelli. In risposta, Gesú l’ha trasformato in un altro se stesso, un “alter Christus”, e gli uomini sono diventati quella “clientela mondiale”, di cui parla il papa Paolo VI. Clientela mondiale, perché egli è un modello per tutti: i sofferenti, i poveri, i ricchi, i lavoratori!
Noi cosa dobbiamo fare per santificarci?
Hai fatto la stessa domanda che posero a s. Giovanni Battista, il cugino di Gesú. “E noi che dobbiamo fare? (Lc 3, 10-14). L’evangelista s. Luca afferma che questa domanda fu fatta a Giovanni Battista, sia dalla folla, sia dai pubblicani, sia dai soldati! È una domanda, che questa mattina ci chiediamo anche noi: “Che dobbiamo fare, per santificarci?”. S. Paolo, in un celebre passo della sua I Lettera ai Corinti (1 Cor 9, 24-27), usa una metafora sportiva, per arrivare a realizzare il suo desiderio di raggiungere la visione di Dio. Egli si raffigura come un atleta, che gareggia. C’è, però, una differenza sostanziale, con i veri atleti: essi lottano per una “corona corruttibile” (quella di alloro, che ornava la fronte dei vincitori), mentre egli lottava per una “corona incorruttibile”, che dura in eterno. Ancora di piú, non è necessario arrivare per primi, basta che si arrivi. Qual è l’atteggiamento del vero atleta? Quando il vero atleta perde una gara, è triste, ma pensa subito a riscattarsi con la prossima gara. Anche noi dobbiamo lottare e vincere (vincere, fratelli e sorelle), perché, come membra del corpo mistico, formiamo la “grande squadra di atleti di Cristo. Cristo è stato il primo a vincere e ci ha detto: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi!” (Gv 13, 15). Seguire Cristo, allora, significa essere quello sportivo, che lotta per una corona, che durerà tutta l’eternità. Uno sportivo, che perde qualche partita, forse, si ritira dalle competizioni? Capita rarissimo! Tutti vogliono appendere qualcosa al chiodo, come si dice, da vincitori. Lottare è l’atteggiamento giusto verso le gare e soprattutto verso la vita. A proposito, dice un proverbio arabo: “La vita è una lotta, che bisogna vincere!”. Chi può aiutarci in questa lotta? Abbiamo bisogno di un allenatore, piú che di un medico. Ambedue dànno i giusti rimedi, ma è fondamentale la differenza dall’andare dall’uno o dall’altro. Dal medico si va, per lo piú, con un atteggiamento di sconforto, come di chi non ha piú nulla per cui lottare, privi di motivazioni e di entusiasmo. Andare dall’allenatore, invece, significa prendere parte al grande gioco della vita (la parola gioco non si intende come spassarsela, ma attività, che appassiona e coinvolge tutta la persona). Prendere parte a questo gran gioco, significa avere un atteggiamento “sportivo”, cioè come chi sa che può farcela, ma solo seguendo le istruzioni dell’allenatore: “Come ho fatto io, dovete fare anche voi!”. Non demoralizziamoci, se alcune volte siamo caduti!
Guardiamo padre Pio, che da ogni fibra della sua esistenza e con tutte le sue forze, sembra dirci: “Figlioli miei, guardate qui! Dio c’è! Io lo vedo! Lui è piú grande, piú profondo e piú miracoloso di tutto ciò che qui in terra viene considerato grande, miracoloso e potente! Io vi aiuterò a raggiungere la salvezza eterna, se voi vorrete!”.
Al termine, come sempre, Padre Pio Capuano, tira su il morale dei telespettatori con una barzelletta: “Un frate, che ha sempre mal di testa, si presenta dal suo medico: “Dottore, ho dei continui mal di testa! Qual è la causa?”. “Forse, mangi troppo!”. “Ma, dottore, io sono a regime!”. “Non è che fai le ore piccole?”. “Dottore, io vado a letto prestissimo!”. “Ho capito, tu fumi!”. “Fumare? Ma, dottore, io non posso sentire neppure la puzza del fumo!”. A questo punto, il medico dice: “Allora, caro confratello, è l’aureola, che ti sta troppo stretta in testa!”.
per seguire la punta: http://youtu.be/dO9tMXTg4Kc