14 settembre
E’ cominciata con un applauso la prima Celebrazione Eucaristica della Novena in preparazione alla prima Memoria liturgica di San Pio da Pietrelcina. Un applauso sollecitato dal superiore del Convento, fra Giammaria Cocomazzi, per cominciare nella letizia i nove giorni di preghiera.“Battiamo le mani perché è un momento di gioia” ha detto fra Giammaria che poi ha rivelato lo spirito di preghiera con cui il presidente dell’assemblea eucaristica, mons. Salvatore Fisichella, è venuto a San Giovanni Rotondo. La sera del 13 settembre ha voluto partecipare al Rosario che viene recitato da tutti i frati e da un discreto gruppo di devoti dinanzi alla tomba di San Pio da Pietrelcina. Il mattino seguente si è mescolato fra i pellegrini seguendo il percorso dei luoghi del convento legati al Santo, senza privilegi, facendo la fila come gli altri. Ne ha ricavato un’impressione positiva: “è un popolo che prega” ha confidato al superiore della Fraternità.
Il sentimento di filiale ammirazione di mons. Fisichella nei confronti del Cappuccino stigmatizzato si è rivelato più volte durante l’omelia quando il vescovo, riferendosi a lui, ha istintivamente preferito chiamarlo non con la definizione ufficiale “San Pio da Pietrelcina”, ma più familiarmente “San Padre Pio”.
Prendendo spunto dalle letture della liturgia, mons. Fisichella si è soffermato sul tema della misericordia. “Che cos’è la misericordia?” si è chiesto e ha chiesto all’assemblea dei fedeli, rispondendo subito dopo: “è l’amore che arriva fino al perdono”. Sulla base di questa considerazione il prelato ha suggerito un esame di coscienza: “siamo capaci di misericordia, siamo capaci di perdono?”
“Certo – ha aggiunto – non è facile perdonare. Il perdono richiede tempo, richiede una grandezza di amore, richiede un’abbondanza della grazia del Signore nel nostro cuore”. Tuttavia tocca a noi non “chiudere il nostro cuore alla capacità del perdono”, anche perché “la fede ci chiede atti grandi, atti di grande responsabilità.”
Per questo mons. Fisichella ha concluso la sua omelia esortando a chiedere “a Padre Pio, che ha portato nel suo corpo le stigmate della croce di Cristo risorto”, di quel Cristo che “ha amato anche coloro che lo mettevano sulla croce… perché il Signore crei in noi un cuore nuovo, capace di saper accogliere il fratello e di saperlo perdonare quando sbaglia contro di noi”.
La prima giornata della novena è stata conclusa da un convolgente musical del Gen Rosso sul sagrato del Santuario Santa Maria delle Grazie. Con il linguaggio della recitazione, della danza e della musica il gruppo ha raccontato una storia vera accaduta negli anni ‘60 in un quartiere a rischio di Chigago, la storia d’amore di Jordan e Lisa che finisce tragicamente, con l’uccisione della ragazza in una sparatoria fra gang rivali. La banda del fidanzato vuole organizzare la vendetta, ma non riesce a coinvolgere il miglior amico di Jordan, Charles, il cui rifiuto viene punito con la morte. Ma il suo sacrificio induce Jordan a rivedere la sua esistenza, a lasciare la gang e a seguire l’esempio di amore, di pace e di perdono lasciatogli in eredità dall’amico.
15 settembre
“Ho fatto istanze vivissime presso il mio direttore per essere arruolato fra i vostri missionari, ma, povero me, non mi hanno trovato degno. E nessuna cosa è valsa finora a farmi ottenere questa segnalata grazia”. E’ il proposito, poco noto, espresso da Padre Pio in una lettera scritta il 17 febbraio 1921 a mons. Giuseppe Angelo Poli, missionario cappuccino, nominato vescovo nel 1915. A ricordare questo desiderio inappagato è stato il superiore del Convento di San Giovanni Rotondo, fra Giammaria Cocomazzi all’inizio della Celebrazione Eucaristica presieduta da S. Em. il sig. card. Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, animata dai canti del Gen Rosso. Evidentemente, ha concluso fra Giammaria, nei suoi progetti il Signore lo aveva destinato a San Giovanni Rotondo per una missione più grande.
Prendendo spunto dal Vangelo, l’omelia del card. Sepe è cominciata con un riferimento al perdono. “La legge del perdono è urgente e attuale anche oggi” ha detto il porporato che poi, citando Giovanni Paolo II, ha aggiunto “non ci può essere pace senza giustizia e non ci può essere giustizia senza perdono”, specificando che questa riflessione vale anche per “le comunità e le nazioni”.
A sostegno del concetto espresso, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha citato l’esemplare impegno sacerdotale del Santo di Pietrelcina. “Padre Pio santo del perdono, santo dell’accoglienza, santo dal cuore sempre aperto a tutti coloro che bussavano alla sua anima per ricevere una parola, un consiglio, una esortazione, per ricevere l’assoluzione dai peccati”. Per questo il Santo cappuccino trascorreva “ore e ore nel confessionale.”
Il porporato ha poi sottolineato un altro aspetto della santità di Padre Pio: “Non si è distratto quando Dio parlava, ha accolto la voce di Dio dentro di sé e ha cercato di concretizzarla”, è stato “pronto ad accettare la sua volontà” anche quando “Dio lo ha chiamato alla sofferenza”, anche quando “Dio ha voluto che fosse perseguitato e umiliato”. E ciò gli è stato possibile grazie alla fede, resa “forte nella preghiera continua”. “Così – ha proseguito – Padre Pio è diventato il santo senza confini, il santo di tutti gli uomini e di tutte le donne di questo mondo.” “Ed ecco la missionarietà di Padre Pio”, ha concluso rispondendo al superiore del convento.
Ha parlato a braccio, il card. Sepe, lasciandosi guidare anche dall’emozione. Quell’emozione che ha confidato, in un atrio del convento, dinanzi al microfono di Tele Radio Padre Pio, raccontando di aver vissuto un “impatto” mentre l’auto si avvicinava a “questi luoghi”, descritto come “una commozione che si accompagna alla riflessione e che ti dà la gioia di potersi immergere in questo clima di santità che ormai traspare da tutte le parti”.
Al termine della Celebrazione, prima di ripartire, il porporato ha voluto fermarsi a pregare sulla tomba di Padre Pio e visitare i luoghi del convento a lui legati.